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Come se non bastasse l’eccessiva burocratizzazione dello Stato, che rende ogni diritto una palude di incertezze, per sanare errate applicazioni di leggi già esistenti, perpetrate continuamente dall’Inps senza neppure usare il buon senso, siamo arrivati ad avere bisogno di modifiche legislative, pur non necessarie, rendendo ancor più complesso il quadro normativo previdenziale. È quanto è accaduto a proposito del pensionamento anticipato dei nati entro il 1952, per il quale non sono bastate le comunicazioni ministeriali.
È stato infatti depositato presso la commissione Lavoro della Camera il disegno di legge Ac 4196 per correggere la circolare dell’Inps n. 196/2016, che con un’interpretazione arbitraria e ingiustificatamente restrittiva, impedisce di fatto a molti lavoratori, soprattutto donne, di avvalersi della cosiddetta “norma eccezionale” per poter andare in pensione anticipata a 64 anni e 7 mesi, in deroga alla normativa prevista nella legge Monti-Fornero.
All’istituto previdenziale pubblico non sono bastate le istruzioni operative del ministero, intervenuto due volte per risolvere la questione; tanto meno le numerose sollecitazioni dell’Inca, che a più riprese ha segnalato le incongruenze dell’Inps nell’applicazione corretta del comma 15 bis della legge 214/2011. La prima, in ordine di tempo, riguardava l’esclusione dalla pensione anticipata per tutti coloro che fossero risultati al 28 dicembre 2011 disoccupati. Una decisione unilaterale, successivamente corretta dall’Inps solo dopo una comunicazione del ministero del Lavoro, che ha riconosciuto il diritto anche a chi non risultava occupato a quella data.
Ma ciò non è bastato a mettere la parola fine alla vicenda. L’Inps, per la seconda volta, agisce da solo aggiungendo un altro ostacolo e impone che, ai fini del calcolo del montante contributivo, siano esclusi tutti i periodi di contribuzione figurativa, quali maternità fuori dal rapporto di lavoro o servizio militare. Una bella pretesa, non supportata da alcuna norma, che peraltro mal si concilia con l’intento del legislatore di mitigare gli effetti dell’innalzamento brusco dei requisiti di pensionamento, introdotti dalla legge Monti-Fornero, su quanti risultassero vicini al pensionamento, i più penalizzati.
Anche in questo secondo caso, non è mancato il sollecito dell’Inca al ministero del Lavoro e neppure il richiamo che quest’ultimo ha inviato all’indirizzo dell’Inps affinché si giungesse a una ragionevole conclusione del caso, nel rispetto delle stesse intenzioni del legislatore, senza ulteriori modifiche normative, come invece si sta prefigurando. Peraltro, data l’esiguità della platea dei potenziali beneficiari non può essere evocato neppure il cosiddetto “debito implicito”, che sembra preoccupare molto il presidente Boeri. Perciò, l’interpretazione restrittiva è del tutto fuori luogo. Ed è solo, invece, l’espressione di un atteggiamento di onnipotenza con il quale l’Inps si arroga, soprattutto negli ultimi anni, il diritto a dispensare giudizi sull’operato del governo o sulle leggi, che non gli compete.
Sarebbe auspicabile, piuttosto, che l’istituto si occupasse di più di far funzionare in modo efficace ed efficiente la propria macchina, emanando in tempo, per esempio, le circolari applicative su provvedimenti, già leggi dello Stato, i cui ritardi non sono un problema “tecnico” secondario; soprattutto per coloro, come i patronati, che hanno il compito di tutelare un’adeguata assistenza previdenziale e socio-assistenziale a milioni di cittadini.
I soli annunci, come gli invii massivi di messaggi su Spid, Mia pensione o Ape non rappresentano di per sé la garanzia di un diritto; piuttosto sembrano apparire come “pubblicità ingannevole”, se non sono preceduti da una corretta e puntuale modalità di applicazione delle norme cui fanno riferimento. L’Inps deve continuare a essere l’istituto previdenziale pubblico al servizio dei cittadini. Non può trasformarsi in un trampolino di lancio per ambizioni carrieristiche personali, estranee ai compiti istituzionali che le leggi dello Stato italiano gli attribuiscono.
Morena Piccinini è presidente dell’Inca Cgil