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Hanno risposto in tanti all'appello di Fim, Fiom, Uilm e Ugl nel primo giorno di quella che si annuncia essere una lunga mobilitazione. Come non succedeva da mesi, oltre un migliaio di lavoratori, cittadini e anche gli studenti delle scuole superiori si sono uniti e hanno sfilato per la città. Con striscioni e fumogeni il corteo si è snodato tra le strade che hanno partecipato alla manifestazione accogliendo i manifestanti con negozi a luci spente e serrande abbassate, a simboleggiare che senza lavoro, l'indotto e tutta la città si spegnerà lentamente.
Come effettivamente sta accadendo, con sempre più attività costrette a chiudere, lasciando solo fondi sfitti. Segno di un momento drammatico per il territorio che segue da vicino, forse troppo, le sorti delle acciaierie che in passato hanno dato tanto. E che ora sembrano chiedere tutto indietro. Anche le istituzioni hanno partecipato, con il sindaco di Piombino e di quelli delle città limitrofe a portare il loro appoggio ai lavoratori stremati.
Ma non tutti hanno gradito e gli interventi durante il comizio sono stati in parte contestati; come a sottolineare quanto anche la politica e le amministrazioni, dal comune alla Regione, stiano agendo in ritardo, rischiando di diventare i corresponsabili di una catastrofe. La manifestazione di oggi è stata annunciata come solo l'inizio di quello che sarà la mobilitazione dei lavoratori in assenza di novità concrete relative all'accordo di programma firmato nel 2014.
Lo sciopero di 24 ore di oggi, come hanno più volte rivendicato i sindacati, è servito a ribadire la difesa del Progetto Piombino a prescindere. Purtroppo, nonostante le varie dichiarazioni pronunciate da parte del ministro Carlo Calenda e il presidente della Regione Enrico Rossi, ci si trova di fronte a una situazione di estrema incertezza. “Ci avevano detto che era un progetto serio e sostenibile, tutti ci abbiamo creduto. Abbiamo raggiunto l'accordo per evitare esuberi e licenziamenti. Solo noi, però, abbiamo fatto la nostra parte, ma lo stabilimento è fermo", hanno esordito sul palco del comizio le Rsu, che hanno aggiunto "Ha fatto bene Calenda a formalizzare una richiesta ultimativa a Rebrab, ma noi non abbiamo ancora una data certa su questo incontro. Se il ministro non convoca Rebrab e sindacato allora saremo noi ad andare a Roma per chiedere spiegazioni. Oggi tocca all'imprenditore, ma anche il Governo è garante dell'accordo, spetta alle istituzioni decidere se andare avanti oppure no. Qui ognuno ha la propria responsabilità”.
Ma la giornata di oggi ha comunque lasciato l'amaro in bocca a molte persone, ritrovandosi a fare i conti con la realtà: a diciannove mesi dalla firma dell'accordo di programma ancora si aspetta che sia presentato un piano industriale credibile e in grado di funzionare, mentre a luglio scade ogni vincolo per Rebrab. Per molti, ormai, diventa sempre più difficile credere nel progetto.