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“Le anticipazioni del Rapporto 2017 presentate oggi (28 luglio, ndr) dalla Svimez confermano quanto sosteniamo da tempo, ovvero che serve un deciso cambio di passo nelle politiche per il Mezzogiorno. In questa legislatura abbiamo assistito ad una maggiore attenzione sul tema dello sviluppo del Sud, ma i risultati rispetto ai principali indicatori economici ci dicono che non è assolutamente sufficiente e che, soprattutto, vanno modificate l’intensità e l’orientamento delle politiche”. Così la segretaria confederale della Cgil, Gianna Fracassi.
“I timidi segnali positivi riscontrati in termini di occupazione e crescita - aggiunge la dirigente sindacale - si inseriscono, infatti, in un contesto di grave crisi sociale, testimoniata dalla forte incidenza della povertà assoluta e da un dato nuovo e allarmante: alla crescita degli occupati non consegue un miglioramento delle condizioni sociali. La crescita dell’occupazione, peraltro fortemente condizionata dal permanere dei bonus assunzionali, si accompagna, infatti, a basse retribuzioni, aumento del part-time involontario e ad una drammatica esclusione di giovani dal mercato del lavoro, con quasi due milioni di occupati under 35 in meno rispetto al 2008”.
I dati Svimez
Il 2016 è stato moderatamente positivo per il Sud, il cui Pil è cresciuto dell'1%, più che nel Centro-Nord, dove è stato pari a +0,8%. Ciò è la conseguenza di alcune condizioni peculiari: il recupero del settore manifatturiero, cresciuto cumulativamente di oltre il 7% nel biennio 2015-2016, e del +2,2% nel 2016, la ripresa del settore edile (+0,5% nel 2016), il positivo andamento dei servizi (+0,8% nel 2016). Lo rileva la Svimez, l'Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno, in una anticipazione del Rapporto Svimez 2017. In base alle previsioni della Svimez, quest'anno il Pil dovrebbe aumentare dell'1,1% al Sud e dell'1,4 % nel Centro-Nord. Nel 2018 la Svimez prevede un aumento del prodotto dello 0,9% nel Mezzogiorno e dell'1,2% al Centro Nord. Il principale driver della crescita meridionale nel 2017 dovrebbe nuovamente essere la domanda interna: i consumi totali crescerebbero dell'1,2% (quelli delle famiglie dell'1,4%) e gli investimenti al Sud del +2%. Si prevede anche una crescita per l'occupazione. (+0,6%). Tuttavia, mette in guardia l'Associazione, "se il Mezzogiorno proseguirà con gli attuali ritmi di crescita, recupererà i livelli pre-crisi nel 2028, 10 anni dopo il Centro-Nord. Il nodo vero, ancora una volta è lo sviluppo economico nazionale, per il quale il Mezzogiorno deve essere un'opportunità, calibrando l'intensità e la natura degli interventi per il Sud".
“Il miglioramento di alcuni settori, tra cui la produzione industriale, l’edilizia, il turismo e l'export - prosegue Fracassi - è certamente un segnale positivo, ma non bisogna dimenticare che arriva dopo anni di vera e propria desertificazione, con ampie aree di crisi consolidata e un'economia meridionale ancora molto legata alla domanda interna”.
“Svimez ci segnala - sottolinea la segretaria confederale della Cgil - che di questo passo al Sud serviranno più di dieci anni per tornare ai livelli pre-crisi, quando era già in una condizione di gravissimo arretramento. Per determinare le condizioni di un reale processo di sviluppo e convergenza è indispensabile incrementare fortemente gli investimenti pubblici, ridottisi a fronte di un aumento di quelli privati, in grado di determinare l’allargamento della base produttiva e della dimensione d’impresa, agendo anche sulle condizioni di contesto, sulle infrastrutture e sul rafforzamento della pubblica amministrazione. In assenza di questo, le politiche orientate al sostegno di impresa avranno al massimo effetti selettivi, incapaci di generare livelli adeguati di occupazione e crescita”.
“Con il Piano del Lavoro, la campagna Laboratorio Sud e la Carta dei diritti universali, la Cgil ha indicato - conclude Fracassi - la chiave di una nuova strategia per il rilancio del Mezzogiorno, e del Paese tutto, che parta dalla creazione di buona occupazione e da un forte intervento sui diritti e le condizioni sociali delle persone, sempre più provate dalla mancanza di opportunità di lavoro e dalla riduzione dei servizi pubblici e del welfare”.