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La Rivista delle Politiche Sociali dedica il Tema del numero 3/2019 alle pensioni. I curatori, Matteo Jessoula e Michele Raitano, insieme agli autori dei contributi che compongono la sezione monografica del volume, offrono una lettura dell’attuale situazione, alla luce di un percorso di riforme e modifiche normative che ha attraversato gli ultimi dieci anni, e nel contempo alzano lo sguardo sul futuro pensionistico degli italiani.
La prima considerazione critica segnalata dai curatori è che il dibattito sulla riforma delle pensioni si è polarizzato in contrapposizioni meramente politiche, senza affrontare in modo approfondito le reali debolezze dell’attuale assetto previdenziale e senza indicare le misure necessarie ad affrontarle, restando per lo più limitato a discutere di “quota 100” o della “legge Fornero”. Perciò, sostengono, è necessario riavviare un dibattito serio sulla tutela della vecchiaia e sul sistema pensionistico in Italia.
Un dibattito che – seppur inevitabilmente condizionato da confronto e “scambi” tra le forze sociali (e oggetto di competizione politica) – “non può prescindere da elementi fattuali e di conoscenza empirica”. Come spiegano sempre i curatori, “i contributi raccolti in questa sezione tematica muovono da due domande fondamentali. Qual è lo stato dell’arte del sistema pensionistico italiano, quali i problemi aperti e le criticità da affrontare? Quali provvedimenti – con riferimento a quali princìpi ed entro quali cornici valoriali – si possono ipotizzare al fine di modellare un sistema pensionistico che persegua congiuntamente sostenibilità economica, sociale e politica?” .
Il primo articolo, di Chiara Ardito, Giuseppe Costa e Roberto Leombruni, esamina l’adeguatezza del sistema pensionistico italiano a fronte delle diseguaglianze di salute, in particolare concentrandosi sull’aspettativa di vita. Questione dirimente per costruire un sistema equo. Nel secondo articolo, Michele Raitano tratta la questione dell’adeguatezza delle prestazioni. Con una valutazione sugli effetti reali del sistema contributivo (è vero che “tutti riceveranno pensioni di importo molto limitato”?), presentando dati circa l’effettiva accumulazione di contributi nella prima parte della carriera da parte delle giovani generazioni e proponendo alcune possibili misure per le prestazioni future, in particolare su una “pensione di garanzia” previdenziale, basata sulla storia lavorativa, come soluzione preferibile rispetto a una prestazione assistenziale.
A seguire, il contributo di Matteo Jessoula, che valuta lo stato di realizzazione dell’architettura pensionistica a due pilastri, sostenuta da governi diversi, ma sempre con una serie di interventi di tipo incrementale. Jessoula aggiorna i dati statistici al 2019 e confronta il modello a due pilastri italiano con quello di altri Paesi, mettendo in evidenza i rischi di un cattivo “incastro” tra previdenza pubblica e integrativa in Italia, che si riflette sia sull’adeguatezza delle prestazioni che sull’equità complessiva del sistema.
Dal canto loro, Massimo Baldini, Carlo Mazzaferro e Stefano Toso si concentrano sul più recente provvedimento incluso nella riforma Di Maio-Salvini: la pensione di cittadinanza, osservando che in Italia gli anziani sono già beneficiari di un’ampia serie di trasferimenti monetari di tipo assistenziale e che la rete di protezione contro il rischio di povertà tra gli anziani non è frutto di un disegno coerente.
Si concentra sulla tutela dell’indicizzazione, mostrando i limiti del sistema attuale, e indica le linee guida della piattaforma sindacale – in particolare sulla rivalutazione e sulla tassazione dei redditi da pensione – l’articolo di Raffaele Atti, segretario nazionale Spi Cgil. Che precede l’altro contributo di un rappresentante del mondo sindacale, quello di Roberto Ghiselli (segretario confederale Cgil), il quale offre una prospettiva più ampia, ripercorrendo gli interventi sulle regole previdenziali italiane in una prospettiva di medio periodo. Dopo tante modifiche – a volte incrementali, altre assai contraddittorie – Ghiselli raccomanda di abbandonare logiche emergenziali, spesso condizionate da convenienze elettorali, e di ricostruire, come propone il sindacato confederale, un sistema previdenziale organico, “stabile, coerente, sostenibile economicamente e socialmente nel medio-lungo periodo”.
Chiude la sezione il contributo di Mattia Guidi e Igor Guardiancich, che presentano un’analisi quantitativa sulla relazione tra il semestre europeo, l’attuale sistema di governance economico-sociale e le decisioni politiche nazionali che riguardano le pensioni. Utilizzando un dataset originale, gli autori codificano le raccomandazioni riguardanti la politica previdenziale per singolo Paese dal 2011 al 2016 e rielaborano dati della Commissione europea sulle principali misure di riforma delle pensioni realizzate nei Paesi membri.
La sezione Attualità del fascicolo, “Prime valutazioni del reddito di cittadinanza”, ospita due articoli: uno dedicato alle prime evidenze quantitative sulla diffusione del sussidio Rdc, di Giovanni Gallo e Massimo Baldini, e l’altro che ospita una riflessione sui meriti e sui limiti della misura, di Elena Granaglia.
Chiudono il volume due approfondimenti: “Disuguaglianze territoriali nel sistema sanitario italiano”, di Nicola Giannelli, e “Restaurare l’ordine naturale: il movimento per un’internazionale dell’oscurantismo e della reazione”, di Sandro Gallittu.
Stefano Cecconi è direttore de La Rivista delle Politiche Sociali