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I giornali di venerdì 24 marzo titolano più o meno allo stesso modo: “Pensioni, conclusa la fase 1 del confronto”. Ma è davvero così? “Non esattamente – spiega il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli nel suo intervento su RadioArticolo1 nel corso di ‘Italia Parla’ –. È vero che a ore verranno emanati i decreti da parte del Consiglio dei ministri, però vi sono alcuni aspetti, per noi significativi, che ancora non hanno trovato una risposta positiva. Per questo abbiamo chiesto e in parte ottenuto la disponibilità del governo a fare ulteriori approfondimenti e trovare altri strumenti per correggere alcuni aspetti che rischiano di ridurre in maniera significativa la positività delle misure, in particolare per quanto riguarda l'accesso all'Ape social e la possibilità di uscita pensionistica per i lavoratori precoci”.
Nello specifico per i sindacati sono da rivedere i criteri di accesso ai benefici per i lavoratori che hanno svolto mansioni gravose: “Costoro dovrebbero aver svolto queste mansioni – spiega il sindacalista – in maniera continuativa negli ultimi sei anni. Ma con una previsione così rigida si tagliano fuori tantissimi lavoratori, soprattutto in quei settori dove è forte la discontinuità lavorativa, come ad esempio l'edilizia, le imprese di pulizie, le cooperative sociali”.
L’altro aspetto riguarda i lavoratori disoccupati a seguito della scadenza di un contratto a termine: “La legge di stabilità prevede la possibilità di accedere all'Ape social – o a essere considerato lavoratore precoce – solo in caso di licenziamento o di dimissione per giusta causa. Quindi, un lavoratore che magari, dopo un periodo di Naspi, di mobilità, trova un lavoro a termine per qualche mese non avrebbe la possibilità di accedere ai benefici, pur avendo gli altri requisiti. Per modificare questa ingiustizia, non è sufficiente un decreto, ma serve una norma nuova in tempi rapidi. Il ministro Poletti ha riconosciuto fondate le nostre argomentazioni e si è impegnato a verificare se vi è un veicolo normativo che consenta, in fase di approvazione, di inserire le modifiche attraverso un emendamento. Speriamo mantenga la promessa”.
Come è noto, l’incontro del 23 marzo doveva anche servire ad aprire la cosiddetta fase 2, quella che dovrebbe riguardare le pensioni in essere e quelle del futuro. “Infatti – racconta il dirigente Cgil – abbiamo richiamato i punti fissati nel verbale del 28 settembre. Il ministro ha accolto la richiesta avanzata principalmente dalla Cgil che è quella di partire dai giovani. Il tema è quello della pensione contributiva di garanzia: cioè un sistema pensionistico che dia una prospettiva previdenziale anche a chi oggi fa lavori discontinui, precari e poveri, riconoscendo e valorizzando ad esempio il lavoro di cura e i periodi di disoccupazione”.
Un altro tema della fase 2 che sta a cuore ai sindacati riguarda la flessibilità in uscita: “Tema non risolto dalla fase 1 – riprende Ghiselli –: vi sono persone che svolgono lavori gravosi, usuranti, pesanti e che sono rimaste tagliate fuori”. Altro obiettivo importante è quello di “favorire l'adesione ai fondi di previdenza complementare che oggi, soprattutto nelle piccole imprese e per chi fa lavori parasubordinati, non è agevole, anzi spesso, di fatto, non è consentita”. Importante anche la questione della rivalutazione e la necessità, sottolinea il segretario confederale della Cgil, “di andare a fondo nella verifica della separazione fra l'assistenza e la previdenza. A proposito dei bilanci dell'Inps, si parla spesso di un’eccessiva spesa pensionistica ma, se poi andiamo a vedere, molto spesso si considerano spese pensionistiche quelle assistenziali”.
Infine, i tempi della discussione: “Per ora – racconta il dirigente sindacale – abbiamo stabilito le prime due date del confronto: la prima, il 6 aprile, riguarderà le pensioni dei giovani; la seconda, il 13 aprile, sarà sulla governance degli istituti previdenziali, in particolare dell'Inps. Altro tema molto delicato, anche perché abbiamo un presidente dell'Inps che sta facendo di tutto tranne che far funzionare bene quell'istituto”.
È ovvio, conclude Ghiselli, che una scadenza oggettiva c’è: “È quella della prossima legge di stabilità perché la fase 2 comporterà dei costi che dovranno essere coperti con la nuova legge di bilancio”.