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Le ipotesi di riforma previdenziale che prevedono l’obbligo di avere un numero alto di contributi "non possono essere accettate, come quella definita quota 102, con 64 anni di età e 38 di contributi, ancor peggio se accompagnate dal ricalcolo contributivo di tutta la carriera lavorativa. Interventi simili non consentirebbero l’accesso alla pensione anticipata alla maggior parte delle persone, in particolare quelle più deboli sul mercato del lavoro, a partire da giovani e donne”. È quanto dichiara il segretario confederale della Cgil Roberto Ghiselli a proposito delle proposte per sostituire quota 100, sperimentazione che si concluderà al termine del 2021.
“Qualunque ipotesi di uscita anticipata, che per noi deve essere possibile dai 62 anni – sottolinea il dirigente sindacale – deve vedere un requisito contributivo che non superi i 20 anni e deve valorizzare previdenzialmente i periodi di lavoro discontinuo, povero, gravoso o di cura”. Per Ghiselli “solo in questo modo si può parlare alla reale platea del mondo del lavoro, quella di oggi e ancor più quella di domani, oltre a garantire l’uscita con 41 anni di contributi a prescindere dall’età”.
“È quindi importante – conclude il segretario confederale – aprire immediatamente il tavolo tra governo e sindacati sulla previdenza, che riteniamo debba partire dai contenuti della piattaforma unitaria che il sindacato da tempo ha presentato all’esecutivo”.