Lo si era capito da tempo: esaltare l’arrivo di altre tende per i braccianti stranieri nel campo Arene-Serrazze, o la presenza di docce dentro dei container, non è che una fine strategia per restituire a Nardò un’immagine, da tempo intaccata, di città dell’accoglienza. Così come si è capito da tempo che l’ordinanza sindacale di vietare, dalle 12 alle 16, le attività di raccolta nei campi in agro di Nardò, nonostante la bontà dell’intenzione, risulta poco più di un’operazione di maquillage.

L’ordinanza purtroppo non sconfigge lo sfruttamento lavorativo: durante i nostri sopraluoghi, infatti, abbiamo spesso individuato, tra le ore 13 e le ore 14 (anche di domenica), braccianti impegnati a raccogliere angurie e pomodori. Facilmente poi le aziende aggirano l’ordinanza: basti notare che quasi tutti i lavoratori che soggiornano ad Arene-Serrazze sono impiegati in agri diversi da quello di Nardò. 

E poi, con quali contratti lavorano? Con quali diritti e tutele? Con quali paghe e sistema di reclutamento? Sarebbe necessaria, se si potesse, un’ordinanza sindacale per obbligare le aziende agricole a reperire la manodopera dalle apposite liste di prenotazione dei centri per l’impiego e per combattere il lavoro nero e i caporali.

Dietro il “maquillage” c’è poi una verità che, come ogni anno, emerge. La pubblicità e i comunicati stampa non bastano a nasconderla. Nei campi di Nardò c’è un “ghetto” che risponde al nome di “ex-falegnameria”, distante solo duecento metri dal campo attrezzato con le tende ministeriali e i container Arene-Serrazze, e che ospita (in condizioni indegne per un essere umano) 150-200 braccianti piegati al sistema del caporalato. Una realtà che grida vergogna e che lascia increduli.

Quest’anno nel campo Arene-Serrazze, grazie anche all’aiuto della Regione Puglia, è stato soltanto incrementato il numero di brande dove i braccianti possono riposare dalle fatiche indicibili che sopportano nei campi di raccolta. Un riposo difficile se poi l’area delle tende continua a essere sprovvista di ombreggiatura. Un salto di qualità importante, sicuramente, è la presenza di uno sportello sanitario che riprende il modello sperimentato anni fa a Masseria Boncuri.

Un’occasione perduta, invece, sono le azioni previste dal Protocollo sperimentale nazionale contro lo sfruttamento e il lavoro nero che la Regione Puglia non ha messo in atto con un accordo quadro, pur essendo essa stessa firmataria del Protocollo.

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Valentina Fragassi, segretario generale Cgil Lecce. Antonio Gagliardi, segretario generale Flai Cgil Lecce