Grandi sono i movimenti nel sistema politico, ma l’economia resta ancora ferma, con l’occupazione sempre vicina al 13 per cento e con i soliti segnali di deflazione. È questa l’immagine più significativa del paese: all’attivismo politico simulato fa riscontro un immobilismo sociale ed economico. Il turbo, che la politica dichiara di aver innescato, si rivela del tutto irrilevante nell’incidere sulla velocità della crescita e sulla lotta alla disoccupazione (soprattutto giovanile).
La cosiddetta ripresina che si annuncia, e che già ha spinto i media unificati a esercizi imbarazzanti di propaganda filogovernativa, ha tutti i tratti di un fragile evento a induzione esogena (euro indebolito, prezzo del petrolio in discesa). Il momento endogeno (la politica, il rilancio degli investimenti e la capacità di innovazione) pare del tutto evanescente e comunque irrilevante.
Mentre la politica fa spettacolo e celebra il consolidamento di presunti eventi carismatici fioriti sulle rive dell’Arno, il meccanismo economico, fragile e ferito, aspetta che da un qualche miracolo esterno scaturisca l’evento magico che risolva i crampi del sistema lasciato a se stesso. La speranza è insomma la solita: confidare che il buon ordine spontaneo del mercato, come d’incanto, curi i suoi malanni e ricominci a produrre ricchezza.
Se questa è la ricetta, colpisce tutto il chiacchiericcio sul decisionismo, sulla velocità. Nel suo connotato politico, il sistema delle istituzioni è in una piena onda trasformistica. Un capo parlamentare domina, ora appoggiandosi su Berlusconi (per imporre le scelte più di classe e ostili al mondo del lavoro), ora su Alfano e ora ricucendo lo strappo con la sua minoranza interna. È il classico schema del trasformismo, tagliare le ali, cucire modesti accordi tattici e tirare a sopravvivere in un quadro di completo naufragio del meccanismo bipolare.
Con l’entrata nel Pd dei senatori di Scelta Civica (tra di essi Ichino e Lanzillotta: campioni del nomadismo parlamentare più deteriore, usciti dal Pd in quanto troppo sbilanciato a sinistra e ora rientrati, come in un taxi dal quale si sale e si scende) diventa del tutto evidente il grado di una caduta etico-politica del sistema. Sono ormai quasi 200 i parlamentari che hanno cambiato casacca in meno di due anni, senza congressi, senza pubblici resoconti delle scelte.
Questo significa che non c’è più la corrispondenza necessaria tra l’attuale conformazione dei gruppi parlamentari (il Pd è un corpaccione indistinto che si estende da Migliore a Della Vedova e attrae uomini di Verdini e transfughi grillini) e gli orientamenti del corpo elettorale. Esigenze minime di fisiologia democratica imporrebbero la valutazione, da parte del Quirinale, dell’opportunità di adottare le risoluzioni richieste per il ripristino della normale dialettica democratica.
Lo scioglimento anticipato di un Parlamento eletto con una legge incostituzionale, non rappresenta una rottura degli imperativi della stabilità, ma indica un’esigenza da prendere in seria considerazione per la manutenzione di un sistema che non soddisfa in alcun modo gli indicatori di una corrispondenza tra gli eletti e le preferenze espresse dai cittadini al momento del voto. Meglio le urne che questo trasformismo redivivo.
Molto meglio le elezioni che il trasformismo redivivo
L'entrata nel Pd dei senatori di Scelta Civica ha evidenziato il grado di una caduta etico-politica del sistema. Si tenta di sopravvivere in un quadro di completo naufragio del meccanismo bipolare di M. PROSPERO
9 febbraio 2015 • 00:00