“Cosa rimane dopo il Jobs Act” è l’iniziativa promossa in Cgil a Modena martedì prossimo 3 novembre al pomeriggio, partendo dalle promesse tradite, a oltre sette mesi dall’entrata in vigore, della riforma del lavoro del Governo Renzi. L’appuntamento è alle ore 17 presso la sala "9 Gennaio 1950” in Cgil (piazza Cittadella 36). A discutere sono invitati il professor Francesco Basenghi ordinario di Diritto del Lavoro Unimore, Marta Fana ricercatrice in Economia presso l'Institut d'Etudes Politiques di SciencesPo Parigi, e Fausto Durante responsabile Cgil nazionale Politiche Europee e Internazionali. Coordina il dibatto Claudio Riso della segreteria Cgil Modena.
Il Jobs Act ha modificato radicalmente l'impianto del diritto del lavoro, del sistema di tutele e anche delle relazioni sindacali costruite nel tempo. Configura un cambio nell'equilibrio dei poteri tra datore di lavoro e lavoratori, diversamente da quanto era stato disciplinato con lo Statuto dei Lavoratori (legge 300/1970) che, riconoscendo un dislivello tra lavoro e impresa, aveva introdotto strumenti di riequilibrio del potere del datore di lavoro a garanzia dei lavoratori.
Sostenuti da un’imponente operazione propagandistica, gli obiettivi dichiarati dal Governo - cancellazione dei contratti precari, equiparazione tra tutti i lavoratori, creazione di nuovi posti di lavoro (pure in presenza di una crisi economica dagli effetti economici e sociali devastanti) - si scontrano con una realtà che nella contrattazione, nella vertenzialità e negli effetti reali sul tessuto economico, è profondamente diversa.
Le disuguaglianze rimangono tutte inalterate, si fanno prepotentemente spazio nuove forme di precarietà, a partire da quelle alimentate dal sistema dei voucher e da forme di “lavoro volontario”, non si registra ad oggi creazione di nuovi rapporti di lavoro. E disuguaglianze rimangono anche tra i lavoratori dei diversi Paesi membri della Ue, dove permangono sistemi contrattuali, salariali e di protezione sociale differenti e differenti approcci da parte delle organizzazioni sindacali stesse. Da ultimo poi si è aperto nel nostro Paese un dibattito sull'introduzione per legge di un salario minimo che rischia di diventare un escamotage per non applicare i contratti nazionali.