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La vittoria schiacciante del Movimento 5 Stelle e della Lega al Sud – con percentuali mai viste – è già considerata uno spartiacque nella storia del nostro Paese. Alcuni hanno legato i risultati alla promessa del reddito di cittadinanza. Una lettura che in molti però, soprattutto nel Mezzogiorno, ritengono inesatta, persino offensiva. Del voto, e più in generale delle priorità che la Cgil intende mettere in campo per il Mezzogiorno, abbiamo parlato con la segretaria confederale di corso d’Italia Gianna Fracassi.
Rassegna Allora, partiamo dalle recenti elezioni. Davvero al Sud hanno votato per il reddito di cittadinanza?
Fracassi Questa è una valutazione banale e ingiusta. La verità è che c’è stata una sottovalutazione delle necessità reali. Nessuno ha risposto ai bisogni essenziali delle persone, cioè il lavoro – col dato della disoccupazione giovanile che conosciamo tutti – e la rete fondamentale della sanità. Le logiche conseguenze sono state l’aumento della povertà e dell’emigrazione interna ed esterna di ritorno che riguarda tanti, giovani e meno giovani. In poche parole è mancato un progetto per il Mezzogiorno. Solo così si possono cogliere i motivi veri di un voto che sostanzialmente ha detto ‘azzeriamo tutto e vediamo cosa succede adesso’.
Rassegna Non si potrà accusare la Cgil di non averlo detto per tempo. Sono i temi di Laboratorio Sud e non a caso proprio oggi siete a Gioia Tauro per rilanciare le richieste della confederazione. Puoi sintetizzarle?
Fracassi Puntiamo sul rafforzamento delle infrastrutture sociali, quindi scuole e sanità, e dei servizi sociali in generale, da quelli per l’infanzia a quelli per gli anziani. Poi abbiamo deciso di aggiungere un altro tema fra i diritti primari, ossia il diritto alla mobilità primaria intesa come la possibilità di spostarsi in sicurezza per avere accesso ai servizi pubblici. Ci sono intere zone al Sud in cui questo è quasi impossibile o pericoloso per le condizioni delle strade secondarie. Ma penso anche alle grandi connessioni – aeroporti e strade ferrate – in alcuni contesti assolutamente inesistenti, come per esempio la Calabria ionica dopo la chiusura dell’aeroporto di Crotone. Quando si parla del Ponte sullo Stretto, sul quale si apre un dibattito anche all’interno della nostra organizzazione, io penso che prima bisognerebbe rimettere a posto tante altre situazioni. Non soltanto per la mobilità delle persone, ma anche per lo sviluppo del tessuto produttivo di quei territori. È un ragionamento che non riguarda solo il Mezzogiorno, ma l’intero Paese, cioè il tema delle disuguaglianze e della crescita.
Rassegna Ma perché non si è fatto nulla in questi anni, secondo te?
Fracassi A un certo punto si è teorizzato che il Sud potesse essere lasciato da solo, trainato dalle grandi locomotive del Nord, e si sono tagliate le risorse. È una scelta politica che viene da lontano, dal governo Berlusconi dei primi anni 2000 che eliminò i fondi Fas – le risorse per la coesione nazionale che andavano alle aree meno sviluppate – e fece un’altra cosa di cui oggi in pochi si ricordano: cancellò la decisione di Ciampi di aumentare la spesa ordinaria per il Mezzogiorno destinata a scuola e sanità. Da lì in poi c’è stato l’oblio. I recenti Patti per il Sud sono un tentativo sicuramente dignitoso di cambiare passo, ma non bastano. Bisogna accelerare la spesa dei fondi strutturali e intanto, una cosa che si potrebbe fare subito, è spendere bene le risorse che ci sono, questo sarebbe veramente molto importante.
Rassegna Nella strategia di rilancio che presentate oggi si parla anche di un’Agenzia per lo sviluppo industriale del Sud. A qualcuno potrebbe tornare in mente la vecchia Iri...
Fracassi Non pensiamo che ci siano le condizioni per fare una cosa anni Cinquanta, tanto per essere chiari. Però voglio aggiungere che oggi tutti sanno com’è andata a finire l’Iri, ma pochi che la fase iniziale di quel progetto servì per ricostruire l’industria in questo paese. E siccome per noi il primo tema resta quello delle politiche industriali, possiamo sicuramente rifarci allo spirito di quell’impostazione, cioè all’idea di un coordinamento unico che decida come gestire le risorse, su quali filiere investire. Del resto abbiamo alle spalle anni di incentivi a pioggia che non sono serviti a nulla, come dimostra quello che succede nel mondo della ricerca e dell’università. Insomma, lo Stato torni a essere protagonista delle politiche industriali, e non solo ‘agevolatore’ attraverso incentivi di natura fiscale. La seconda richiesta, come accennavo prima, riguarda il rapporto tra risorse ordinarie e straordinarie: deve essere ribaltato, perlomeno per il tempo della programmazione europea.
Rassegna Come proseguirà la Cgil in questa vertenza Sud?
Fracassi Ripartiamo dalle quattro priorità indicate nella nostra strategia (qui il pdf). E continuiamo a spingere sull’idea della contrattazione legata allo sviluppo del territorio per ‘costruire’, uso non a caso questa parola, nuovi posti di lavoro. Noi ci stiamo impegnando molto, soprattutto nei contesti regionali e territoriali, e una risposta positiva c’è già stata. È un tema che ovviamente non riguarda solo il Mezzogiorno, ma l’intero Paese. Per questo, per dare un ulteriore segnale, abbiamo deciso di tenere il prossimo congresso della Cgil in un grande città del Sud, Bari.