“L’incontro è stato un fatto positivo, un segnale di attenzione che accogliamo bene, ma da qui a segnare una controtendenza, dopo sei mesi di rapporti zero, direi che ce ne passa”. Così Gianna Fracassi, segretaria confederale Cgil, ha commentato ai microfoni di RadioArticolo1 il rendez-vous di ieri fra il presidente del Consiglio Conte e i leader sindacali di Cgil, Cisl e Uil.

“Per quanto riguarda la manovra di Bilancio, appena approvata dalla Camera, direi che non ci siamo proprio – ha detto la dirigente sindacale –: tutta la discussione in materia è stata sprovvista di quei pilastri macroeconomici che consentono poi d’intervenire nel merito. Ovvero, se io, ad oggi, non so qual è il quadro complessivo di risorse su cui posso contare per mettere in campo macromisure come reddito di cittadinanza e quota 100, è evidente che la discussione diventa assolutamente vuota e priva di riferimenti. Oltretutto lo stesso Conte ci ha detto che la legge approvata alla Camera non è quella vera”.

 

“Sulla parte fiscale - primo pilastro della manovra -, finita in un ddl autonomo, ribadiamo che non parla al mondo del lavoro, non redistribuisce ricchezza e strizza troppo l’occhio ai furbetti. Non solo: da un lato, con la flat tax ci si riferisce ai cosiddetti azionisti di maggioranza del governo, vale a dire professionisti e imprese; dall’altro, si provano a introdurre condoni di varia natura, mentre non si affronta il tema vero, anche in funzione di rilancio dei consumi, cioè l’abbassamento del cuneo fiscale su lavoratori e pensionati, e in particolare non si agisce sul nodo dell’evasione. Anzi, si fanno interventi di segno opposto. Insomma, il governo non è partito bene e il presidente del consiglio ha ribadito che comunque l’idea di una riforma fiscale complessiva c’è e che si farà in una fase successiva. Noi abbiamo ribattuto che se si vogliono dare risposte a chi per l’84% compartecipa delle finanze pubbliche - lavoratori e pensionati -, occorre proprio partire da questi ultimi per un intervento fiscale che abbia un effetto positivo anche sui consumi e quindi sulla crescita del Paese”, ha rilevato l’esponente Cgil.

“Nell’incontro con il governo abbiamo poi ribadito la necessità di allargare lo strumento di contrasto alla povertà, rispettandone la missione. Il precedente governo aveva approvato un provvedimento, il reddito d’inclusione, che era un primo intervento concreto, perché non erogava solo soldi, ma si prendeva carico delle persone più fragili in povertà assoluta, attraverso una molteplicità di misure, soggetti e strutture, dagli assistenti sociali alla rete dell’istruzione. Invece, quello attuale fa del puro assistenzialismo, attraverso il reddito di cittadinanza finalizzato all’occupazione. Stando così le cose, si crea un duplice equivoco: da una parte, sulla natura dello strumento; dall’altra, sul fatto che questo sviluppi di per sé occupabilità. Il problema va affrontato alla radice, non lo si risolve con una Finanziaria, perché l’Italia ha un livello di occupazione poverissima e un tasso di disoccupazione giovanile assai alto: se non s’incide profondamente su questo, non si hanno risultati. E la storia del Paese di questi ultimi anni dovrebbe insegnare che la crescita è zero, così come l’occupazione, tra l’altro con una condizione del lavoro drammatica, per l’incidenza di lavori molto poveri”, ha aggiunto la sindacalista.

“In più, ci preoccupa l’enorme scarsità d’investimenti pubblici. Il governo dice che quella presentata è una manovra per la crescita, ma le cifre che ci hanno indicato non tornano. Soprattutto se guardiamo al netto degli interventi da fare per avvicinarsi agli obiettivi europei del rapporto deficit/Pil: si parla addirittura di sette miliardi di tagli, quindi non capisco la cifra che ci è stata indicata ieri in termini di risorse - alcune decine di miliardi -, se non mettendo insieme interventi che comunque erano già previsti, da parte delle grandi aziende di Stato e in termini di misure sul dissesto idrogeologico. In ogni caso, siamo ben lontani da quello choc che noi abbiamo indicato come elemento che possa poi determinare anche le condizioni per lo sviluppo del Paese e per avvicinarsi a quella percentuale che abbiamo indicato nella nostra piattaforma unitaria, il 6% d’investimenti pubblici. Da questo punto di vista, abbiamo anche fatto la proposta dell’agenzia per lo sviluppo industriale e abbiamo chiesto una discussione seria sul Testo unico sugli appalti, che è una partita sensibile per noi, perché riguarda le condizioni di lavoro, su cui da sempre ci spendiamo; non a caso, abbiamo raccolto le firme per un referendum che è andato a buon fine”, ha proseguito Fracassi.

Infine, sulla quota 100, la proposta del governo, così come si configura, non è soddisfacente. "Innanzitutto, vorremmo sapere come viene delineata, precisando comunque che si tratta di un punto di partenza, perché non è la cancellazione della legge Fornero, come ripetevano in campagna elettorale i partiti dell’attuale governo. E poi non risponde ai bisogni pensionistici di tutta la popolazione italiana, perché ignora in primo luogo i giovani, in quanto non si parla di pensione di garanzia e non si mette in campo un’idea di flessibilità strutturale. Perciò, non ci siamo, e parimenti aspettiamo risposte su sanità, pubblica amministrazione e rinnovo dei contratti pubblici. Abbiamo chiesto al governo l’apertura di un tavolo di confronto su tutti questi capitoli, ma per com’è andato l’incontro di ieri ci sembra che se ne riparlerà a manovra di bilancio approvata. E, francamente, è davvero troppo poco rispetto all’iniziativa messa in campo”, ha concluso la segretaria confederale.