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Dopo gli scioperi in Piemonte e Toscana e il presidio a Montecitorio della scorsa settimana, il 27 novembre è stata la volta di Genova, invasa dai lavoratori delle concessionarie autostradali provenienti da Liguria, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, con blocco della sopraelevata e della A10 e, a fine mattinata, l'incontro con il prefetto.
La mobilitazione del settore, ricordiamo, è stata lanciata da Fillea, Filca e Feneal dopo la bocciatura dell’emendamento Borioli-Esposito, che riportava dal 20 al 40 la percentuale degli appalti in affidamento alle aziende controllate dai concessionari autostradali, scongiurando così l’inevitabile tracollo di un comparto altamente specializzato e strutturato che dà lavoro ad oltre 3 mila lavoratori.
“Dopo mesi di appelli dei sindacati rimasti inascoltati – si legge nella nota delle segreterie regionali FIllea, Filca e Feneal – si stanno verificando le condizioni capestro conseguenza dell'applicazione della nuova normativa sugli appalti. È indispensabile l'intervento del premier Gentiloni su questa vertenza affinché vengano mantenuti gli impegni assunti dal ministero dei Trasporti, vengano ripristinate immediatamente le condizioni ante nuova disciplina e soprattutto vengano scongiurati esuberi e licenziamenti”.
E mentre i lavoratori si preparano a incontrare il 29 novembre, nel cantiere del Bisagno, il segretario del Pd Renzi in visita nella città della Lanterna, e Fillea, Filca e Feneal del Piemonte proclamano per il prossimo 30 novembre un'ennesima giornata di sciopero, con manifestazione a Casale Monferrato, arriva dal Mise la convocazione del tavolo per il 6 dicembre alle 9.30.
Intanto, è in viaggio una lettera speciale, firmata dai “lavoratori e lavoratrici edili delle autostrade italiane”, destinatario Papa Francesco.
“Siamo i lavoratori edili che operano nelle autostrade italiane, il nostro posto di lavoro – circa 3 mila addetti in tutta Italia – è messo seriamente a rischio dall’applicazione di una norma del nuovo Codice degli appalti”, si legge nella lettera al Pontefice, che prosegue: “Siamo coloro i quali operano di giorno e di notte, d’estate e d’inverno, nei cantieri lungo le autostrade. Il nostro impegno quotidiano consente l’efficienza e la sicurezza per la mobilità di milioni di persone e delle merci. Senza lavoro perdiamo la possibilità di garantire alle nostre famiglie, ai nostri cari, una vita dignitosa. Da tempo stiamo chiedendo l’intervento delle istituzioni per porre rimedio a questa situazione, ma al momento senza alcun riscontro”.
“Ci permettiamo di scrivere queste brevi righe poiché riteniamo molto attuali le parole pronunciate in occasione della conferenza internazionale organizzata dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale – prosegue la lettera –. Noi siamo considerati merce: siamo solamente numeri da essere sostituiti con altri numeri”, ma “crediamo invece che il lavoro sia essenziale per la fioritura della persona e anche una chiave di sviluppo sociale, il lavoro non è mai una merce, né un mero strumento della catena produttiva”.
“Continueremo a difendere il nostro posto di lavoro”, conclude la lettera, auspicando che “parole di giustizia sociale siano ascoltate dalle persone di buona volontà delle istituzioni”.