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Per due anni il suo lavoro di pulizia in un’azienda metalmeccanica artigiana della provincia di Bergamo è stato retribuito con i voucher. Ora che i buoni non esistono più, alla signora Joy (nome di fantasia, su richiesta della lavoratrice) è stato proposto un contratto in somministrazione a termine della durata di tre mesi, poi prorogabile, “speriamo per un anno” aggiunge lei.
“L’azienda per cui lavoro mi ha chiamata, ha convocato una riunione con noi delle pulizie per chiederci se fossimo d’accordo a venire assunte da un’agenzia, visto che i voucher non esistevano più e visto che loro non potevano assumerci direttamente né volevano farci lavorare in nero”, racconta Joy. “Ho risposto che l’agenzia per me andava bene, meglio dei voucher! Se vieni pagata con i buoni e non vai al lavoro per una malattia, non ti viene pagato nulla. Niente ferie: l’azienda di solito ad agosto chiude tre settimane e noi delle pulizie non ricevevamo nulla, si restava senza soldi. Adesso è diverso, l’agenzia paga le festività, le ferie, la malattia, persino la tredicesima che prima non avevamo”.
“Non si tratta del primo caso che incontriamo nei nostri uffici: altri lavoratori sono arrivati da noi sottoponendoci contratti part time (in un’occasione della durata di tre anni), a chiamata oppure in somministrazione che vengono loro proposti dalle aziende dopo l’abolizione dei voucher”, spiega Paola Redondi di Nidil Cgil Bergamo.
“Nel caso della signora Joy, che ora sta lavorando per un’agenzia, la somministrazione le consente di recuperare spese scolastiche, sanitarie o di accedere a piccoli prestiti attraverso gli enti bilaterali del settore (Ebitemp e Formatemp) - precisa la sindacalista -, cosa impensabile con i voucher. Questo contratto in somministrazione, pur breve, permetterà alla lavoratrice di chiedere ad esempio un contributo per le spese scolastiche del figlio che frequenta le scuole elementari e questo per lei è davvero importante visto che la famiglia è monoreddito, cioè solo lei lavora. Questo caso e gli altri che abbiamo incontrato sono la dimostrazione che l’abolizione dei buoni lavoro non necessariamente conduce al nero. Al contrario può garantire maggiori tutele previdenziali e lavorative”.
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