Basta con il precariato al Cnr e negli altri enti pubblici di ricerca. Si conclude oggi (venerdì 19 maggio) la settimana di mobilitazione di borsisti, assegnisti, co.co.co. e lavoratori atipici, che ha visto in questi giorni in tutta Italia flash mob, presìdi, assemblee e manifestazioni. L’appuntamento di oggi è a Roma, per un sit-in (a partire dalle ore 9) in piazza Montecitorio, davanti alla Camera dei deputati, in occasione della discussione in Parlamento del Testo unico sul pubblico impiego (la cosiddetta “riforma Madia”).

Sindacati e lavoratori chiedono di far “emergere la problematica di tutto il precariato nel mondo della ricerca pubblica” e reclamano “con forza la stabilizzazione di tutti, nessuno escluso”. Sottolineano, inoltre, che “senza ulteriori fondi la ricerca pubblica morirà”, ricordando “alle istituzioni che la ricerca pubblica è un investimento per il paese, non una spesa”.

Al Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) sono 1.500 i lavoratori a tempo determinato e 3 mila quelli con contratti precari. Solo i primi possono essere stabilizzati, proprio in virtù della “riforma Madia” (che concede agli enti la possibilità di contrattualizzare a tempo indeterminato i vincitori di concorso che hanno avuto un contratto a termine per almeno tre anni negli ultimi otto, a patto di mantenere la spesa per il personale al di sotto dell’80 per cento del bilancio complessivo), mentre per i secondi c’è solo la riserva di posti nelle prossime selezioni. Per loro, insomma, non c’è nulla.

“Nel Testo unico, già approvato dal Consiglio dei ministri il 23 febbraio scorso, vi è una norma che prevede la stabilizzazione dei precari nella pubblica amministrazione”, spiega Rosa Ruscitti, rappresentante della Flc Cgil al Cnr: “Purtroppo per la stabilizzazione si rimanda all'utilizzo dei fondi del piano di fabbisogno. Ma il Cnr non ha adeguate risorse per poter stabilizzare tutti i suoi precari”. I contributi a disposizione ammontano a 500 milioni di euro, ma sono appunto insufficienti a coprire anche i precari “storici”. Servono dunque risorse aggiuntive (almeno altri 100 milioni), altrimenti il provvedimento rischia di restare soltanto una buona intenzione.