Di certo possiamo dire che piazza Indipendenza non è un luogo ospitale per chi difende i propri diritti, che siano quelli del lavoro o quelli più generali di cittadinanza. Che poi alla base c’è sempre la stessa cosa: la dignità delle persone”. Claudio Cipolla è il segretario della Fiom di Terni, uno dei primi ad essere colpito dalle manganellate della polizia che il 27 ottobre 2014 si abbatterono con inspiegabile violenza sugli operai della Thyssen, arrivati a Roma per manifestare contro il piano di licenziamenti della multinazionale tedesca. La stessa piazza dove quasi tre anni dopo, il 24 agosto 2017, si sono riviste scene simili, con vittime stavolta donne, uomini e bambini migranti che si erano accampati nella piazza, dopo lo sgombero di via Curtatone.


Migranti in piazza Indipendenza 

Ma a collegare i due episodi non è solo il luogo in cui si sono svolti i fatti. Anche la regia, come è emerso nei giorni scorsi, è la stessa. Il funzionario di polizia che dice “se tirano qualcosa spaccategli un braccio”, incitando gli agenti che inseguono i migranti a Termini è lo stesso che nell'ottobre 2014, proprio a piazza Indipendenza, fece caricare gli operai della ThyssenKrupp.

Quel giorno eravamo sotto l’ambasciata tedesca e volevamo spostarci, in maniera del tutto pacifica, al ministero dove era in corso un incontro tra governo e azienda – ricorda il segretario delle Fiom ternana Cipolla – ma fatti appena pochi metri partì la prima carica, del tutto inspiegabile. Diversi di noi rimasero feriti, alcuni in modo serio come Gianni Venturi della Fiom nazionale, poi, quando pensavamo che la cosa fosse finita lì, partì la seconda carica, più violenta della prima, nonostante in prima fila ci fossero i dirigenti nazionali della nostra organizzazione, a partire dall’allora segretario generale Maurizio Landini".

Tra quei dirigenti schierati a fare da cuscinetto tra polizia e operai c’era anche Cristiano Costanzi, segretario della Fillea Cgil di Terni, in piazza con i lavoratori edili degli appalti delle acciaierie. “Non mi stupisce che la storia si ripeta – commenta – d’altronde siamo nel paese della Diaz, dove importanti dirigenti di polizia hanno prima ordinato e poi provato a nascondere una mattanza e questo non ha portato a nessuna conseguenza di rilievo”. 

Costanzi quel giorno in piazza Indipendenza fu colpito due volte: “Avvenne in un momento di assoluta tranquillità – spiega – mentre ero girato di spalle per cercare di calmare i nostri dopo la prima carica. Con la coda dell’occhio ho visto partire il colpo, mi sono girato d’istinto e ho preso la prima botta alla bocca, poi la seconda alla nuca mentre cercavo di allontanarmi”. In tutto, Costanzi ha riportato 11 punti di sutura.


Cristiano Costanzi ferito nelle cariche del 2014

Così l’altro giorno quando ha sentito che il responsabile della piazza era lo stesso di tre anni fa ha provato prima una profonda rabbia, ma poi un forte senso di impotenza. "Se questi fatti si ripetono evidentemente non è un problema di incapacità, ma c’è una precisa volontà politica”, conclude il sindacalista ternano.

Quando agli effetti negativi dei fenomeni di globalizzazione si risponde con la paura, che poi si trasforma in violenza, allora vuol dire che lo Stato ha fallito e siamo tutti sconfitti”, osserva Gianni Venturi, altra vittima dei manganelli nell’ottobre 2014, quando, come dirigente della Fiom nazionale in piazza con gli operai di Ast, venne prima colpito da un manganello e poi calpestato dai poliziotti durante la carica, finendo in ospedale, dove restò ricoverato per 4 giorni.


Gianni Venturi a terra dopo la carica della polizia

Devo dire che quando ho visto il filmato dello sgombero della scorsa settimana con quella frase pronunciata dal funzionario di polizia, istintivamente ho subito pensato che si trattasse proprio di lui – racconta Venturi –. Ho rivisto infatti una gestione della piazza che non si può definire semplicemente non professionale, c’è di più. C’è fondamentalmente una logica di paura che si trasforma in uso della forza, del tutto immotivato. Quella paura sotto traccia che gli effetti della globalizzazione, portati dalla politica spietata di una multinazionale, oppure dalle migrazioni forzate di chi scappa da guerre e povertà, diventino ingestibili. Ecco – conclude Venturi – non si può pensare di affidare alle forze dell’ordine la gestione di fenomeni di questa portata”.

Un concetto che ribadisce con forza anche Daniele Tissone, segretario generale del Silp, il sindacato dei lavoratori di polizia della Cgil: “Stiamo parlando di fenomeni sociali complessi che dovrebbero essere affrontati dalla politica con programmazione e lungimiranza. Invece, troppo spesso la patata bollente viene lasciata nelle mani delle forze dell’ordine, che devono gestire situazioni estremamente delicate come in caso di sfratti o sgomberi”. Detto questo, Tissone è netto: “Quella frase è assolutamente sbagliata e censurabile, ma questo non può portare alla criminalizzazione di un’intera categoria. Anche perché alla fine nessuno ha spezzato braccia e questo perché non esiste, in modo particolare a Roma, una polizia contro gli immigrati. Non esiste e non esisterà mai”. 

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