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“Si tratta di una vicenda, anzi, di più situazioni che fanno arrabbiare e umiliano profondamente. Parliamo di risorse e interventi per la messa in sicurezza del territorio, che dovevano essere a disposizione vent’anni fa, ai tempi del terremoto dell’Umbria. Da quel che sappiamo dalle cronache di questi giorni, un dato è eclatante: una seria manutenzione e gli adeguamenti antisismici non solo non sono stati fatti, ma laddove si è intervenuti, lo si è fatto molto male”. Così Gianna Fracassi, segretaria confederale Cgil, stamattina ai microfoni di RadioArticolo1, per parlare di terremoto e legalità.
“Non conosciamo le carte, la magistratura le sta acquisendo, come anche la stessa Anac. Ma il quadro è devastante. Non solo ci sono edifici pubblici, come la scuola di Amatrice, che erano stati ristrutturati da poco, ma anche case private avevano ricevuto fondi per la stessa finalità, ma che ugualmente non hanno retto al terremoto. Dobbiamo chiederci come l’attribuzione delle risorse sia stata distorta. Ma, sostanzialmente, nel nostro Paese non c’è ancora un’adeguata consapevolezza dei rischi che si corrono in larga parte del territorio, oltre alla mancanza di una cultura della legalità. Ora dobbiamo essere assai rigorosi: l'obiettivo dev'essere una ricostruzione veloce, adeguata strutturalmente ai rischi sismici presenti in determinati contesti territoriali, sotto i crismi della trasparenza e dell'efficienza", continua la dirigente sindacale.
“C’è un problema di controlli? È evidente che c’è, perché chi doveva farli non li ha fatti. Ci sono responsabilità penali molto forti, su cui dovrà essere fatta piena luce. Il fatto che siamo nella condizione di sospettare che non sono stati fatti lavori a norma delinea una catena di inadempienze, sia da parte del pubblico che del privato. Molti amministratori pubblici sono venuti meno al loro ruolo. Un dato appare molto chiaro: qui si è fatta un’operazione che è passata sulla pelle di centinaia di persone, tante quante sono le vittime del terremoto. C’è una responsabilità collettiva, che non è solo del soggetto pubblico, ma che si allarga a soggetti privati", denuncia ancora la sindacalista Cgil.
“La cultura della legalità si costruisce quando la giustizia è rapida ed efficace. Noi lo denunciamo da almeno due anni. In questo Paese l’efficienza della giustizia non la si risolve con gli spot della riforma del settore, ma mettendo a disposizione tutte le risorse necessarie, anche quelle umane. Gli organici sono sottodimensionati di almeno 9.000 unità. Poi ci sono i cosiddetti precari della giustizia, 2.500 lavoratori che continuano a fare un tirocinio infinito da almeno sei anni, sempre in attesa di una regolarizzazione. Da qui, il grido d’allarme lanciato da molti giudici e procuratori nei giorni scorsi. È necessario ripensare alle politiche attuate in questi anni, con il blocco del turn over e il taglio degli investimenti, e mettere in campo forze nuove giovani al’interno del sistema, oltre alla regolarizzazione di tutto il personale precario. Altrimenti la macchina della giustizia non può funzionare. Senza considerare che tutti i dipendenti della giustizia attendono, come tutti i pubblici, il rinnovo del loro contratto da oltre sette anni", rileva la segretaria confederale.
“Sempre in tema di legalità, faremo un'iniziativa il 13 settembre, in concomitanza con la data di pubblicazione della legge Rognoni-la Torre del 1982 - la prima legge di contrasto alle mafie -, ricordando la figura di Pio La Torre, il suo impegno e la sua grande intuzione di procedere al sequestro e alla confisca dei beni alla mafia, e ci mobiliteremo per far ripartire il processo di approvazione della legge d’iniziativa popolare sulle aziende confiscate, che giace al Senato, dopo essere già passata alla Camera. È necessario avere ulteriori strumenti a disposizione per combattere la criminalità organizzata", conclude Fracassi.