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"Le leggi si applicano e le sentenze si rispettano. Non è così in Italia, non per la legge 194: la sua mancata applicazione è costata, nel giro di due anni, due condanne al governo italiano, che continua però a ignorare, o tentare di sfumare e manipolare, le sentenze". Così Loredana Taddei, responsabile delle Politiche di genere della Cgil nazionale, nel corso di una conferenza stampa, promossa con numerose associazioni: "La ministra della Salute non ha cambiato atteggiamento, neanche dopo la recente decisione del comitato europeo dei diritti sociali, che ha denunciato l'Italia sull'applicazione della '194', a seguito del ricorso presentato dalla Cgil per la mancata tutela del diritto alla salute delle donne e per il mancato rispetto del diritto dei medici non obiettori a non essere discriminati".
"Beatrice Lorenzin, anziché garantire la corretta applicazione delle legge – denuncia ancora la responsabile delle Politiche di genere della Cgil – ha inanellato una serie di affermazioni campate in aria: ha sostenuto che il richiamo dell'Unione non è definitivo, mentre la decisione del comitato europeo è definitiva e non si cancella; ha poi bollato come 'vecchi' i dati contenuti nel ricorso Cgil, presentati invece aggiornati nella pubblica udienza al comitato europeo dei diritti sociali del 7 settembre 2015, quindi un mese prima della sentenza (12 ottobre 2015)". Inoltre, secondo l'esponente Cgil, "non corrisponde al vero che il primo reclamo collettivo, del marzo 2014, sarebbe stato chiuso in senso favorevole per il governo. Anche in quella occasione, infatti, l'Italia era stata condannata. Così come è falso che il numero di medici non obiettori 'risulta congruo, anche a livello sub-regionale, rispetto alle interruzioni volontarie di gravidanza effettuate'.
In più passaggi della sentenza, sottolinea la sindacalista, il comitato europeo "afferma invece che il governo italiano non è riuscito a dimostrare l’infondatezza della documentazione e dei dati forniti dalla Cgil. Questo, solo per citare alcuni dei passaggi dell'informativa della ministra alla Camera del 4 maggio scorso, ma l'elenco sarebbe purtroppo lungo". In conclusione, per quanto riguarda le discriminazioni che subiscono i medici e gli infermieri non obiettori, Taddei ricorda la provocazione lanciata nei giorni scorsi dal segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, "per non recluderli a svolgere esclusivamente attività legate all'interruzione volontaria di gravidanza: si metta in atto una discriminazione positiva per medici e personale sanitario non obiettori di coscienza, introducendo dei vincoli che garantiscano il servizio in ogni struttura pubblica, così come prevede la legge".