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"Di solito si dice: 'Non può cambiare niente, quello che si fa è l'unica cosa possibile'. Dimentichiamo che in molte aree del mondo segnate dalla crisi si è agito in modo diverso dall'Europa, si è avuto un successo significativo contro la disoccupazione. Per esempio, nel 2010 la disoccupazione era al 12% sia in Europa che negli Stati Uniti. Oggi è ancora al 12% in Europa, ma negli Usa è scesa al 6%. La strategia americana è stata completamente diversa, quasi opposta, a quella europea". Lo afferma il segretario confederale della Cgil, Danilo Barbi, ai microfoni della trasmissione "Italia Parla" su RadioArticolo1 (ascolta il podcast integrale).
Commentando la situazione della Ue, la direzione che l'Europa sta prendendo, Barbi osserva: "C'è l'alternativa all'austerità. Sulla situazione della Grecia, a mio avviso, alcune cose sono già cambiate in termini positive. La Grecia doveva avere i cosiddetti 'avanzi primari', un linguaggio astruso per dire che lo Stato doveva avere al di là degli interessi un attivo per effettuare misure molto consistenti. Questo era già concordato ed è stato 'sconcordato' dall'attuale governo con la Commissione europea, i vincoli sono stati superati e non è poco".
"La Grecia ha cominciato già a cambiare delle cose per sé stessa - aggiunge Barbi -, la verità è che molti governi non si sono alleati al tentativo greco di modificare le politiche dell'austerità. Per esempio, cosa ha sostenuto il governo italiano nella Commissione Ue rispetto alla discussione greca? Nessuno lo sa. Un altro elemento poco chiaro è: con chi ha debiti la Grecia? Non li ha con le banche private tedesche e soprattutto francesi, quelle che detenevano la massa dei titoli greci precedenti alla crisi. Quelle banche sono state liquidate dal Fondo salva Stati. Oggi il debito ellenico è dunque con gli Stati dell'euro, perché il Fondo è stato costituito mettendo quelle cifre fuori dai debiti pubblici, dimostrando che se vogliamo questo si può fare. Allo stesso modo, si può allora fare un fondo di spesa europeo per rilanciare investimenti per la crescita in tutta Europa".
La posizione della Grecia, in realtà "è meno debole di quanto sembra". La sua uscita dall'euro "porrebbe problemi enormi alla stessa Ue, quindi la Grecia ha più potere contrattuale di quello che si vuole far passare". L'incontro tra Merkel e Tsipras, a suo giudizio, "significa che il governo federale tedesco ha fatto le sue valutazioni, visto che ha chiesto una visita ufficiale al governo greco. E' un segnale in controtendenza rispetto ad alcuni lati della vicenda, non c'è una battaglia tra due popoli o Stati, la situazione non è questa e assolutamente non lo deve diventare".
Il segretario si sofferma poi sulle ipotesi di crescita per i prossimi anni. "Non ci fidiamo più delle previsioni degli istituti, sono sette anni che le sbagliano, sia la Bce che l'Ocse che i governi, in particolare quelli italiani hanno sbagliato più di tutti. Se le previsioni di Monti, Letta, Renzi, fossero state vere sull'economia il Pil italiano oggi avrebbe 330 miliardi all'anno in più, invece che 1.500 ne avrebbe oltre 1.800 e starebbe per raggiungere la Germania. Per questo siamo critici verso le previsioni, dopo sette anni di errori". "Si dice che le banche inizieranno a prestare soldi alle piccole e medie imprese, ma questo non so da dove derivi".
E ancora: "Critichiamo il Quantitative easing non perché non fosse necessario, ma perché molto tardivo e attuato quando è già iniziato il rischio deflazione. Detto in altri termini, il Qe americano è stato contro la crisi e la disoccupazione, il Qe europeo è stato contro la deflazione. Non è la stessa cosa. Ovviamente, senza il Qe europeo sarebbe stato anche peggio: ma noi mettiamo in discussione che questo sia un intervento risolutivo. Non lo sarà se non viene accompagnato da una politica espansiva come quella degli americani. Gli Usa hanno fatto crescere il deficit e il debito per investire in nuovi settori, creare occupazione e ci sono riusciti. In Europa si è fatto il contrario e non ha funzionato. Abbiamo introdotto il concetto dell'austerità flessibile', che è come ammettere che l'austerità ha fallito senza però trarre tutte le conseguenze".
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