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“La Cgil ritiene che il Def descriva una politica economica in continuità con quella dei governi precedenti”. “Il Governo scommette su una ripresa senza nuova occupazione e su una svalutazione competitiva del lavoro, programmando un alto tasso di disoccupazione e una crescita dei salari inferiore rispetto alla produttività, nel breve come nel medio-lungo termine. Il Governo si arrende a tassi di disoccupazione strutturalmente al di sopra del 10%, che equivalgono a una disoccupazione giovanile almeno al 40%”. Si apre così, con una netta bocciatura dell’operato del governo, il testo di 16 pagine elaborato dalla Cgil sul Documento di economia e finanza.
Il testo del sindacato (scarica qui la versione integrale) è stato presentato lunedì 20 aprile in audizione presso le Commissioni congiunte Bilancio del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati dal segretario confederale della Cgil, Danilo Barbi, accompagnato da Riccardo Sanna, coordinatore dell'area delle politiche di sviluppo.
Secondo la Cgil, le previsioni del Governo “appaiono ancora una volta irrealistiche e illusorie e, di conseguenza, gli obiettivi di finanza pubblica non verranno raggiunti, nonostante il nuovo record di avanzi primari e gli enormi sacrifici sociali”. “La ‘flessibilità’ di bilancio concessa dalla Commissione europea non basta – secondo il sindacato - a tracciare una direzione espansiva e ad uscire dalla crisi”. Anzi, la Cgil è convinta che “lo scambio fra tale flessibilità e l’accelerazione delle riforme strutturali sia improprio e inefficace”.
“Dopo un anno di Legislatura – si legge ancora nel documento - restano tutti irrisolti i problemi strutturali del sistema-paese, sia dal lato della domanda che sul versante dell’offerta. Le riforme messe in cantiere dal Governo non sono quelle necessarie. Il Governo, malgrado le indicazioni europee, continua a non svolgere il dialogo con le parti sociali e, soprattutto, con il Sindacato”.
Altra critica sollevata dalla Cgil: “Nel Def non è prevista alcuna riforma fiscale, ma ci si limita a evocare la cosiddetta Delega fiscale, su cui la CGIL ha già espresso un giudizio negativo. In ogni caso, non c’è traccia di una vera lotta all’evasione e all’elusione fiscale e contributiva, così come non è prevista alcun tassazione dei grandi patrimoni improduttivi”.
Altri nodi anche nelle sezioni dedicate all’economia e alla finanza pubblica: “Emerge – secondo la Cgil - come il Governo perpetui le iniquità del sistema fiscale e i tagli alla spesa pubblica, a scapito del lavoro e del welfare. Il Governo programma una riduzione di 10 miliardi di spesa pubblica (centrale e locale) che avrà inevitabilmente effetti negativi su lavoratori e pensionati, oltre che sull’economia”, scrive la Cgil che stigmatizza anche “l'ennesimo rinvio del tema riduzione e razionalizzazione delle stazioni appaltanti”.
La Cgil è convinta che “la riduzione già programmata dei trasferimenti a Regioni e Comuni, il riordino delle Province e trasferimento delle competenze, i costi standard e ‘costi efficienti’ delle funzioni rimaste agli enti di area vasta così come imbastiti dal Governo, nonché le sanzioni previste dalla modifica del Patto di stabilità interno, prevista dalla Legge di stabilità 2015, determineranno ulteriori tagli alla spesa locale e probabili aumenti delle imposte locali”. E gli stessi tagli alle municipalizzate e alle partecipate degli Enti Locali “sono condivisibili – scrive ancora il sindacato - solo se riducono sprechi, inefficienze,’poltrone’ e costi inutili della politica e non, come sembrerebbe, se restringono i servizi pubblici”. In particolare, preoccupano il sindacato i tagli al Trasporto pubblico locale e al sistema di smaltimento e riciclo dei rifiuti, “che poi diventano spesa privata dei cittadini, alimentando le posizioni di rendita sui mercati”.
Il taglio della spesa pubblica si accompagna poi “all’assenza di qualsiasi previsione di incremento economico derivante dal rinnovo dei contratti collettivi dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e dei settori della conoscenza, il cui blocco è previsto in scadenza al 31 dicembre 2015”, denuncia ancora la Cgil. “Nel triennio a riferimento – prosegue il sindacato - si verificheranno inoltra due nuovi eventi, la cui soluzione non può che essere prevista nei provvedimenti di Finanza Pubblica: la scadenza dei termini di proroga del lavoro flessibile nelle Pubbliche Amministrazioni; l'attuazione del ddl sulla Riforma della Pubblica Amministrazione”.
Capitolo welfare: il suo finanziamento nel def è programmato “ben al di sotto delle necessità e del livello di spesa previsto prima del 2011”, accusa la Cgil. “Sulla Sanità il finanziamento del SSN viene decurtato, anche per gli anni successivi al 2015. Il DEF, inoltre – si legge ancora - non considera la esigenza di dotare il nostro Paese di uno strumento universale di contrasto alla povertà assoluta, come in altri paesi europei”. In tema di previdenza, invece, il sindacato sottolinea come non sia previsto “un intervento di correzione della riforma Fornero, in particolare sul versante della flessibilità in uscita”.
Sulle infrastrutture, le risorse che nel DEF si mettono in gioco sul versante pubblico sembrano secondo la Cgil “essere limitate”. “Le possibilità che si rendano più veloci i tempi di realizzazione ed entrino risorse da capitale privato sono affidate ad un giudizio positivo degli ultimi interventi legislativi (“Sblocca Italia”, modifiche al Codice, ecc.) che – sostiene la Cgil – non è confermato dalla realtà. Il rinvio di molte scelte strategiche apre una contraddizione con le motivazioni e gli obiettivi indicati dalla UE”.
La CGIL resta convinta che “l’aumento dell’occupazione sia l’unica via per aumentare la crescita, uscire dalla crisi e rendere più sostenibili le stesse finanze pubbliche”. E il sindacato ha più volte evidenziato che “esistono ampi margini nazionali per una nuova politica economica, sebbene resti indispensabile un cambiamento delle scelte europee per uscire dalla crisi”.
Queste allora le proposte avanzate dalla Cgil. Primo: l’introduzione di un’Imposta sulle Grandi Ricchezze finanziarie per recuperare le risorse utili a realizzare un Piano straordinario per l’occupazione. Secondo: l’aumento della tassazione sulle successioni per sostenere investimenti pubblici e nuova occupazione, nonché evitare ulteriori tagli al welfare e, in particolare, alla Sanità pubblica. Terzo: l’utilizzo dei fondi pensione dei lavoratori anche per lo sviluppo infrastrutturale, sociale e produttivo del Paese.