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La “cultura della sicurezza” non è ancora diffusa. E non lo è neanche, per andare alla radice, la consapevolezza dell’importanza della sicurezza sul lavoro. È così in tutti i settori, ma colpisce che lo sia in quelli più pericolosi, come quello agricolo. Il comparto (assieme all’edilizia) paga un tributo altissimo in infortuni e incidenti mortali, eppure, come svelano i primi risultati della “Indagine sulla percezione del rischio dei lavoratori agricoli in Italia centrale”, c’è ancora moltissimo da fare. La ricerca è stata realizzata da un pool di agronomi, sociologi ed ergonomi delle università di Viterbo e di Roma La Sapienza, e di un ente privato, Integronomia (Massimo Cecchini, Roberto Bedini, Sonia Marino, Davide Mosetti, Serenella Stasi) e costruita mediante la somministrazione di questionari a 119 operai agricoli, di cui l’81 per cento uomini. Obiettivo dello studio è esplorare la percezione del rischio, in rapporto alla formazione e ai reali fattori di rischio (come le vibrazioni o la movimentazione manuale dei carichi).
Dall’analisi dei dati emerge che, in generale, la sicurezza sul lavoro è ancora abbastanza sconosciuta. Il 15 per cento del campione “non attua la sicurezza sul lavoro e non le dà importanza”, il 24,5 dà poca importanza alla normativa “e la applica saltuariamente”, il 12,5 si dichiara “incerto”: più della metà degli operai agricoli, quindi, non considera la sicurezza un valore e un obiettivo da perseguire. È il restante 48 per cento del campione a darle importanza e ad applicare le normative (con un 17 per cento che “rispetta con zelo tutte le procedure”).
È interessante vedere come quest’atteggiamento si incrocia con l’età. La ricerca evidenzia che ad avere un atteggiamento fortemente negativo sono le due classi di età estreme, ossia i giovani e gli anziani. Quest’ultimi, in particolare, mostrano una forte polarità: sono gli anziani a esprimere la maggiore ostilità alla sicurezza, ma è sempre tra gli anziani che troviamo la percentuale più alta di individui con un atteggiamento più favorevole e scrupoloso. Una polarità, suggeriscono gli autori della ricerca, che potrebbe spiegarsi con il fatto che gli anziani lavorano da più anni: avendo acquisito le nozioni sulla sicurezza durante la loro vita lavorativa, sono quindi portati ad applicarla in modo fiscale (ma spesso non naturale) oppure ad averne avversione.
Altrettanto interessante è l’incrocio con la formazione (il 62,6 per cento ha frequentato corsi sulla sicurezza). Tra chi ha un atteggiamento negativo e incerto prevalgono i lavoratori che non sono stati formati (18,8 contro 14,1 per cento che hanno frequentati corsi), parimenti accade per coloro che alla sicurezza danno poca importanza (31 contro 23,4 per cento). Viceversa, sono i lavoratori formati ad avere atteggiamenti positivi (34 contro 25 per cento che non ha frequentato corsi). Una formazione, precisano gli autori, che deve però non calare dall’alto, bensì avere un approccio ergonomico, interdisciplinare e partecipativo, orientato ad accrescere le competenze, potenziare il bagaglio esperienziale del lavoratore e svilupparne le capacità decisionali individuali.
L’ultimo dato da sottolineare è quello relativo ai rischi maggiormente percepiti. Per il campione, i più pericolosi sono il rumore e la movimentazione manuale dei carichi: gli operai agricoli consultati, infatti, utilizzano misure di sicurezza per proteggersi da questi rischi in misura maggiore rispetto agli altri tipi di rischio. Ciò potrebbe indicare, conclude il pool di ricercatori, che si è preoccupati e consapevoli del rischio esclusivamente nelle situazioni in cui il fastidio è diretto e immediato (come appunto sono il rumore o i dolori muscolari dovuti alla movimentazione dei carichi), mentre invece si è noncuranti dei rischi quando questi hanno effetti a lungo termine e comunque non immediatamente percepibili.