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Tra il vecchio governo dei tecnici e il nuovo esecutivo degli incompetenti (o come lo definì l’allora capo dello Stato Napolitano “governo dei senza retroterra”), è in corso una bella guerra per appurare chi tra loro manipola di più i poveri numeri. I tecnici, quando hanno occupato il governo, dopo l’emergenza finanziaria con lo spread impazzito, i conti li sbagliavano. E, con il pallottoliere della Fornero, hanno inventato gli esodati, un esercito mandato alla rovina, senza più lavoro e senza pensione. Gli incompetenti, oggi al potere, i numeri li inventano in maniera creativa, annunciando miracolosi effetti del Jobs Act, che semplicemente non esistono.
Tra i numeri taroccati del governo, per documentare le meraviglie delle imprese dello statista rottamatore nella creazione di lavoro, uno solo è rimasto incontrovertibile: tra il gennaio e il luglio dello scorso anno e lo stesso arco di tempo dell’anno corrente, ammontano a 47 unità le nuove assunzioni a tempo indeterminato, al netto delle stabilizzazioni. Un nuovo miracolo italiano, non c’è dubbio. Il nuovo regime dei contratti a tutele crescenti si rivela per quello che è: un incentivo alle imprese, con decontribuzioni che servono per trasformare i contratti già in essere, e quindi senza oneri o investimenti produttivi, intascando in cambio la bella somma di 24 mila euro in tre anni per ciascun nuovo dipendente regolarizzato.
Assumere il lavoratore, per poi ripristinare con lui l’antico rapporto precario o anche licenziarlo allo scadere del terzo anno, quando cioè le decontribuzioni spariranno, e mandare a casa un dipendente in esubero costerà solo qualche mensilità, diventa un oggetto di lucro. Tutta l’azione del governo è condotta all’insegna di un ventaglio sterile di bonus, incentivi, sgravi fiscali, tagli Irap. Cioè, aspettando la ripresa europea, si tira a campare con trovate estemporanee che non richiedono l’innovazione, la costruzione di politiche industriali. Le imprese intascano somme rilevanti, che però non destinano all’investimento e alla creazione di nuova occupazione. Si tratta di nuovi soldi a fondo perduto, in tempi di risorse scarse.
Il governo, senza alcuna politica economica davvero innovativa, gioca la carta eterna dell’abolizione delle tasse sulla prima abitazione, sperando di trasformarla in quella trovata a effetto che a Berlusconi procurava un bel pugno di voti in più. Ma con la riesumazione di un’antica trovata del Cavaliere, nessuna soluzione è stata pensata per reagire al declino italiano, per rispondere alla disoccupazione giovanile, all’abbandono del Sud. La ricetta del governo, meno pubblico, meno diritti, meno servizi essenziali e più incentivi alle imprese e bonus indiscriminati (per i campioni dell’evasione fiscale, la tassa sulla loro casa di lusso è la sola che pagano alle casse dello Stato), non funziona e lascerà nuove macerie.