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A fine anno si chiude, la produzione si sposta in Polonia. Sono giornate amarissime quelle che stanno passando i 452 lavoratori dei due stabilimenti italiani della Mahle, multinazionale di proprietà tedesca attiva nella componentistica per motori diesel, che il 23 ottobre scorso ha annunciato la chiusura degli impianti piemontesi. Tra due mesi, dunque, i 243 addetti del sito di La Loggia (Torino) e i 209 della fonderia di Saluzzo (Cuneo) potrebbero trovarsi disoccupati. A motivare la decisione, la contrazione del mercato e la necessità di spostarsi in Paesi con un minore costo del lavoro.
Concetti che la società ha ribadito nel primo e finora unico incontro con i sindacati, che si è tenuto giovedì 31 ottobre presso la sede dell’Unione industriali di Torino (in concomitanza si è tenuto anche lo sciopero indetto da Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil). I vertici della multinazionale (che ha 160 stabilimenti nel mondo e complessivi 79 mila dipendenti) hanno confermato la volontà di chiudere entro l’anno, escludendo ogni possibile ripensamento. “I due siti hanno alle spalle anni critici dal punto di vista economico”, ha spiegato l’azienda in una nota ufficiale: “La riduzione degli ordini a livello europeo, principalmente nella produzione di motori diesel, ha notevolmente ridotto la capacità utilizzata, attuale e futura, degli stabilimenti di La Loggia e Saluzzo, in cui vengono prodotti pistoni. Pertanto Mahle si trova purtroppo costretta a programmare la chiusura dei due stabilimenti, adeguando la capacità produttiva alla richiesta di mercato”.
“Non c'è stato dialogo, anche perché è difficile trattare con una pistola puntata”, ha commentato il segretario della Fiom Cgil di Cuneo Davide Mollo: “L'azienda si è resa disponibile ad altri incontri, anche se il calendario non è stato ancora fissato. Ma i termini devono essere altri, a partire dal ritiro della procedura dei licenziamenti”. Ora ci sono 75 giorni di tempo (45 di trattativa sindacale e 30 di colloqui con le istituzioni) per provare a far cambiare idea al management. Dal 17 al 19 novembre sarà convocato il Comitato aziendale europeo (Cae), che all'ordine del giorno avrà, appunto, la situazione dei due stabilimenti piemontesi, oltre all'analisi delle difficoltà di altri impianti in Francia, Belgio, Spagna e Germania.
“Il nostro obiettivo è mantenere un minimo di produzione in Italia e stabilizzare le commesse in modo tale da tenere aperte le fabbriche”, ha dichiarato in un’intervista nei giorni scorsi il segretario generale della Fiom Cgil di Torino Edi Lazzi: “Un conto è la riduzione dei volumi dei motori diesel e della produzione di pistoni, un conto è decidere di non produrre più in Italia e distribuire il lavoro negli stabilimenti in Polonia e in Turchia, facendo pagare il prezzo soltanto ai dipendenti italiani”. Lazzi evidenzia anche che “questa situazione dimostra che mantenere una filiera automotive soltanto con le produzioni destinate ai mercati esteri e senza i volumi di un produttore nazionale è un’illusione”.
L’impianto di Saluzzo nasce nel 1962 per opera dell’azienda milanese Industrie subalpine ingranaggi Saluzzo (Isis). Nel 1968 lo stabilimento viene rilevato dalla torinese Mondial piston subalpina, che nel 1987 entra a far parte della Mahle, colosso di componentistica auto di Stoccarda (aveva già oltre 70 sedi in tutto il mondo), fondato negli anni venti per la produzione di pistoni in lega leggera (e non in acciaio, come invece facevano i concorrenti americani). Nel corso degli anni nascono poi gli impianti di La Loggia (Torino), Volvera (Torino) e Potenza, ma questi ultimi due vengono chiusi nel 2009.
(mt)