Il film di Ken Loach, Sorry We Missed You, ha superato un milione di euro di incasso. Lo dicono i numeri al botteghino, aggiornati all'ultimo weekend del 23-26 gennaio (dati Cinetel): nelle sale italiane il titolo ha incassato finora 1.270.123 euro. È questo il risultato nell'arco di poco più di venti giorni di programmazione, dato che il film è arrivato al cinema giovedì 2 gennaio, dopo la presentazione al Festival di Cannes in concorso.

Un dato che, naturalmente, può sembrare un'inezia rispetto agli incassi stellari, come i quasi 46 milioni di euro di Tolo Tolo di Checco Zalone. Ma in realtà non è così: il superamento del milione di euro è considerato dagli addetti ai lavori un risultato notevole per un film d'essai, esattamente come quello di Loach. Per essai si intende la storica definizione che deriva dal cinéma d'art et d'essai (letteralmente: “cinema d'arte e di prova”), espressione con cui i francesi nel primo Novecento indicavano i prodotti non commerciali, quelli che circolavano in poche sale e venivano visti fuori dai circuiti principali.

Così è per la storia di Ricky, un uomo a Newcastle oggi con una famiglia piena di debiti, che accetta un nuovo lavoro da corriere in un regime di “auto-impiego” (self-employment): il furgone è suo ma lavora per un’azienda di consegne in franchising, che ha un altro nome ma evoca Amazon. “Non lavori per noi ma con noi”, dice il supervisore, in un inganno linguistico: ecco Ricky che prende pacchi dal magazzino e li consegna, in modo sempre più veloce, più frenetico. Se sbaglia paga una multa, se perde il teaser elettronico riceve una pesante sanzione.

La sua vita personale si erode fino all’estremo: l’inferno del lavoro si riflette sull’intimo, sfilaccia il rapporto con moglie e figli, una bambina di undici anni e un diciannovenne difficile, che protesta attraverso i graffiti. Ricky corre sempre. In una sequenza l’uomo recapita le consegne accompagnato dalla figlia piccola, e insieme fanno un “gioco”, vanno veloce perché c’è poco tempo. L’unico tonico dal capitalismo selvaggio si trova nell’affetto famigliare, nell’amore dei propri cari: ma è comunque solo una pausa dal meccanismo spietato che ci stritola. Così il corriere Ricky subisce una progressiva degradazione sino al finale, in cui il suo personaggio assume il valore di simbolo: amaro e commovente, è una metonimia del lavoro oggi e dello stato delle cose.

Nella conferenza stampa di presentazione del film a Roma, il cineasta ha parlato a tutto tondo del contemporaneo: “Spero che il racconto comunichi la sensazione che lavorare così è insopportabile, è qualcosa che non possiamo più tollerare: si tratta di un sistema dettato dalle grandi imprese, sono loro che lo vogliono in questo modo. Un manager del magazzino di pacchi lo dice nel film: c'è aperta concorrenza tra un deposito e l'altro, il lavoro viene dato a chi è più veloce, economico e affidabile. Il prezzo da pagare è una classe operaia sfruttata oltre ogni limite. Non a caso il capo di Amazon è l'uomo più ricco del mondo: questa diseguaglianza così marcata non può proseguire”. La questione del lavoro si intreccia con quella dell'ambiente: “Non è solo ingiustizia – ha spiegato –, ma è anche distruzione del pianeta: ciascuno di quei furgoni porta un pacco liberando carburante nell'aria, quindi ogni consegna brucia benzina. E questo colpirà sia i figli dei ricchi sia i figli degli operai”.

Da poco Sorry We Missed You ha ottenuto la candidatura come miglior film britannico ai premi BAFTA 2020, il maggiore riconoscimento per il cinema del Regno, una sorta di Oscar inglese. La risposta italiana, i biglietti strappati per Loach nel periodo delle feste tra Star Wars e Zalone, vale come dimostrazione: per distributori, esercenti e chiunque sottovaluti il pubblico. La storia di un driver nell'inferno del lavoro (e altre simili) si può proporre eccome, oggi in Italia su grande schermo, chi va al cinema saprà riconoscerla.
 

Ascolta la conferenza stampa di Ken Loach del 18/12/2019