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Negli ultimi mesi si è fatto un gran parlare di Industria 4.0, ma non sempre è chiaro cosa si intende quando ci si riferisce al tema. Entrato a far parte del nostro linguaggio come sinonimo di un cambio di paradigma tecnologico ed economico, Industria 4.0 è, semplicemente, una politica: nella fattispecie, quella varata nel settembre del 2016 nel Piano Calenda, che – artefice il ministro dello Sviluppo economico dell’allora governo Renzi – ha avuto il pregio di riaprire, sulla scia del dibattito sulle nuove tecnologie, anche quello sulle politiche industriali del nostro Paese.
Nel Piano si è immaginata una governance multistakeholder e multilivello – multilivello, perché ci si è mossi sia a livello centrale che a livello territoriale –, che dovrebbe nelle intenzioni dei suoi estensori introdurre l’idea dei Competence center, attraverso i quali si vorrebbe finalmente stimolare il dialogo tra università, imprese, centri di ricerca e attori del territorio. Un’idea da tempo in auge in Germania, dove il funzionamento di Industria 4.0 – così come, per esempio, il basso tasso di disoccupazione giovanile – sono in larga parte influenzati dal rapporto osmotico – che è sistema – tra università, centri di ricerca e tessuto produttivo.
Un approccio che favorisce il trasferimento tecnologico (quindi l’innovazione) nelle imprese, favorendo la competitività, ma che in Italia purtroppo fa fatica a decollare, per varie ragioni che sono soprattutto di ordine culturale, pur trattandosi di un obiettivo da perseguire, se si vogliono cogliere fino in fondo le opportunità dell’innovazione.
Non solo. A livello centrale, il Piano Calenda ha anche lanciato l’idea della Cabina di regia, accolta positivamente dalla Cgil, sia per via del coinvolgimento delle parti sociali, sia per il fatto che finalmente si è riconosciuta una complessità di governance che è necessaria affinché le politiche industriali siano ben progettate e poi realmente implementate.
Tutto bene, dunque? Non proprio, se si considera il fatto che si tratta di idee che, una volta condivise, sono rimaste in larga misura sulla carta. L’istituzione dei Competence center è appesa alla pubblicazione di un bando, che slitta i tempi di applicazione di quella parte del Piano e di cui ancora non si conoscono i criteri, mentre la Cabina di regia non è stata mai convocata.
Ma indipendentemente dalla valutazione del Piano Calenda, è indubbio che il tema del cambio di paradigma tecnologico ed economico nei sistemi produttivi sia centrale. E qui è forse il caso di riprendere il concetto di Industry 4.0 per come viene utilizzato nella sua forma più ampia. A questo proposito, va detto che Cgil, Cisl e Uil si sono già mosse attraverso l’elaborazione lo scorso mese di marzo di un documento unitario,che non solo riconosce l’importanza di cogliere questa sfida, ma inizia a mettere sul piatto anche il tema del Lavoro 4.0, grande assente del Piano Calenda e della strategia del governo.
Questo naturalmente non basta. La Cgil vuole innescare un meccanismo più profondo di comprensione del fenomeno, per poi riuscire a governarlo, un processo che guardi al medio periodo. Per questo, ha elaborato una strategia che ha come colonne portanti due iniziative: l’Ufficio di Progetto Lavoro 4.0 e Idea Diffusa.
L’Ufficio di Progetto Lavoro 4.0 si colloca a livello nazionale e confederale, ed è trasversale a tutte le aree. Questo vuol dire che la Cgil si pone di fronte al tema con un approccio di sistema. Perché se il cambiamento è prima di tutto tecnologico, esso influenza tutte le sfere di attività umana e in primis il lavoro. Possiamo quindi affermare che siamo di fronte a un cambiamento di sistema che sta sconvolgendo il nostro modello sociale di riferimento. Detto questo, è tuttavia importante riconoscere che l’innovazione tecnologica, da sola, non avrà effetti predeterminati, ma le sue conseguenze saranno necessariamente mediate dall’azione dell’uomo, dalla sua capacità di decidere, attivarsi e operare delle scelte.
È certo del resto che l’innovazione tecnologica, se non viene adeguatamente governata, può produrre nuove forme di sfruttamento e meno tutele per i lavoratori. In questo senso, se è vero che la mission principale per il sindacato è continuare nella sua azione di rappresentanza e tutela del lavoro, anche nelle sue nuove forme, è altrettanto vero che non meno importante è da considerare l’altra sua missione: quella di provare a governare il cambiamento. Di questo processo la Cgil vuole essere protagonista, vuole tornare a ricorrere alla contrattazione d’anticipo per sfidare le imprese, l’attore pubblico, la stessa società a cogliere le opportunità abilitate dalla tecnologia.
Per fare tutto questo, la Cgil ha immaginato un nuovo strumento, Idea Diffusa, una piattaforma collaborativa online per i membri della Consulta industriale: quest’ultima è a sua volta una community, un organismo che riunisce persone interne ed esterne al sindacato, docenti, ricercatori, esperti di politiche industriali e di Industry 4.0, connessa con due organismi interni alla Cgil, il coordinamento Politiche industriali e il coordinamento Formazione.
Idea Diffusa è lo strumento più coerente con la linea strategica che la Cgil persegue in questa fase: fare rete per comprendere il cambiamento. Fare rete innanzitutto con i lavoratori che – nei territori, dalle categorie e sul loro posto di lavoro – vivono l’innovazione ogni giorno. Ma anche, e soprattutto, nella costruzione di un rapporto con persone esterne al mondo sindacale, per attrarre nuove idee e mettere in moto un processo di contaminazione reciproca.
A questo serve Idea Diffusa. Uno strumento nuovo, che utilizza la tecnologia per rendere l’organizzazione in grado di creare intelligenza collettiva e, quindi, di fare qualcosa di antico: essere il collettore di contributi per definire un’idea di progresso. Perché noi non crediamo all’ideologia della disintermediazione, secondo cui la tecnologia rende inutili i corpi intermedi. Idea Diffusa, al contrario, rappresenta un’alleata, uno strumento straordinario per far esplodere tutto il potenziale di chi – come la Cgil – ha una rete fatta di persone.
La presentazione di Idea Diffusa e della piattaforma della Cgil è avvenuta mercoledì 10 maggio a Roma, in un convegno che si è tenuto dalle ore 14 alle 18 presso i locali di Luiss Enlabs (via Marsala 29/h).
Chiara Mancini è coordinatrice della piattaforma Idea diffusa
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