PHOTO
Nello scorso mese di giugno, Federconsumatori, in collaborazione con l'Oxfam (Oxford Committee for Famine Relief), ha svolto un sondaggio nel quale si chiedeva ai consumatori quale fosse il loro grado di conoscenza riguardo allo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura, quali azioni ritenessero necessarie per contrastarlo e quali fossero le loro proposte alla grande distribuzione per contrastare questo fenomeno.
Il sondaggio, i cui risultati sono stati presentati a Roma lo scorso 7 luglio, è stato realizzato su un campione di oltre 2.000 consumatori, nell’ambito della campagna di Oxfam “Al giusto prezzo”, che pone al centro il tema della responsabilità delle imprese sui diritti umani e il ruolo che i consumatori possono esercitare. “Al giusto prezzo” è una campagna cui Federconsumatori ha aderito “nell’ottica di una collaborazione che proseguirà sicuramente nel tempo”, informa l’associazione in una nota.
Uno dei principali dati emersi dal sondaggio è sicuramente che gli italiani sono attenti alla legalità: il 74,41% del campione si è dichiarato infatti disposto ad acquistare un prodotto libero da dinamiche di sfruttamento dei lavoratori, indipendentemente dal prezzo. Solo per il 21,8% degli intervistati il fattore costo rimane determinante per la scelta dell'acquisto.
“I consumatori ci dicono di non voler essere complici inconsapevoli dello sfruttamento nei campi. Senza informazioni ed elementi che garantiscano la piena trasparenza sul rispetto dei diritti umani nelle filiere, i consumatori non riescono ad esercitare una scelta responsabile che pure dichiarano, senza esitare, di voler compiere”, ha spiegato Giorgia Ceccarelli, policy advisor di Oxfam Italia.
Per quanto riguarda lo sfruttamento dei braccianti e degli operai agricoli, dal sondaggio emerge come i consumatori riconoscano la complessità di un fenomeno che attribuiscono a una concatenazione di cause e di effetti. Sicuramente l'infiltrazione mafiosa è riconosciuta come la principale causa di sfruttamento nei campi (63% del campione), segue a ruota la responsabilità degli imprenditori agricoli (54% del campione). La mancanza di controlli delle istituzioni nelle aziende agricole è invece l’opzione scelta dal 51,62% del campione interpellato. Stupisce positivamente anche una più matura consapevolezza del fatto che lo sfruttamento non si origina ed esaurisce sui campi, ma è il frutto di un percorso di filiera in cui anche il settore della distribuzione e i consumatori hanno importanti responsabilità.
“Ben il 44% degli intervistati considera lo schiacciamento dei prezzi pagati dalla Gdo (la grande distribuzione organizzata) per rifornire i propri scaffali e le scelte di acquisto compiute dai consumatori, solo in base alla convenienza economica di un prodotto, tra le cause principali dello sfruttamento del lavoro a discapito degli anelli più deboli della filiera di produzione – ha detto Emilio Viafora, presidente di Federconsumatori –. Ciò evidenzia un alto grado di consapevolezza tra i consumatori italiani sul tema”.
Dal sondaggio sono emerse anche le azioni che, secondo i consumatori, le aziende della grande distribuzione organizzata dovrebbero intraprendere per porre fine allo sfruttamento del lavoro agricolo e alla violazione dei diritti nelle filiere di produzione:
• garantire che i prodotti a scaffale siano liberi da sfruttamento e aumentarne l’offerta per consentire pratiche di acquisto responsabile;
• aumentare la trasparenza delle informazioni sull’origine e il percorso che un prodotto compie dal campo allo scaffale;
• garantire ai produttori un costo all’origine dignitoso che garantisca una remunerazione equa dei fattori di produzione.
“Si tratta quindi di riconoscere che i comuni meccanismi di audit, con cui le aziende valutano l'osservanza dei codici di condotta da parte dei loro fornitori, non sono sufficienti a far emergere le cause strutturali delle violazioni dei diritti umani nelle filiere agroalimentari”, conclude Giorgia Ceccarelli.
LEGGI ANCHE:
Puglia: nella notte sui pullman dello sfruttamento
TAG: Gdo | Caporalato