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Subito il blocco di tutte le prestazioni straordinarie, di tutte le forme di flessibilità, a partire dal blocco dei festivi, insieme a un pacchetto di 32 ore di sciopero, el cui modalità verranno di volta in volta comunicate. È la risposta dei lavoratori della Granarolo di Bologna alle decisioni aziendali, comunicate ieri, mercoledì 7 marzo, a Rsu e sindacati dalla direzione: chiusura del reparto “duri” (dove si producono i formaggi stagionati) entro il mese di aprile 2018, e spostamento da subito della lavorazione di 10 tonnellate di stracchino nell’azienda Venchiaredo, in Friuli Venezia Giulia, con conseguente cancellazione del turno notturno nel reparto “molli”.
Secondo la direzione - si legge in una nota di sindacati e Rsu - queste decisioni non comporterebbero ricadute occupazionali sulla forza lavoro strutturale, a patto che si apra da subito il confronto sugli otto punti posti dall'azienda nel precedente incontro sindacale. La delegazione sindacale da parte sua ha ribadito che "sono altre le criticità che determinano i deficit di efficienza che sconta lo stabilimento Granarolo di Bologna, e che è interesse dei lavoratori aprire il confronto sulla ottimizzazione dei processi produttivi". Ma tale discussione, dicono i sindacati, va fatta “a bocce ferme” e pertanto è stato richiesto, senza esito positivo, alla direzione aziendale di rivedere le proprie scelte.
A fronte di questa chiusura è arrivata, dall'assemblea dei lavoratori Granarolo, la decisione di avviare la mobilitazione, con "tutte le iniziative utili a favorire un costruttivo confronto"
"È evidente che con la scelta operata dall’azienda in queste ultime settimane e cioè l’attuazione di esternalizzazione delle produzioni in stabilimenti fuori dal perimetro aziendale dello stabilimento e di gruppo, è un chiaro segnale che il piano industriale iniziato nel 2012 è in mezzo al pantano”. Lo dichiara Mauro Macchiesi, segretario nazionale Flai Cgil.
“Come Flai Cgil avevamo condiviso quel progetto di ristrutturazione e diversificazione produttiva, ma avevamo fortemente criticato la scelta di estremizzare la sua attuazione con una rincorsa ad acquisizioni in condizioni finanziare precarie e senza una logica coordinata del Business. Il risultato di oggi è quello di un’azienda che non ha chiaro con quali investimenti intenda portare avanti il piano e su quale livello di business intenda collocarsi. La risposta che oggi vediamo è quella di rendere incerto il futuro dei livelli occupazionali, non esiste un piano che tende a saturare gli impianti".
Il sindacalista ricorda come nello Stabilimento di Bologna, come in altri, le Rsu e il sindacato "non si sono sottratti ad un confronto sui costi di produzione ma nel momento che abbiamo accettato questa sfida l’azienda ha spostato il tema facendo scelte unilaterali e mettendo in discussione l’occupazione, a cominciare dallo stabilimento centrale ma, non solo, attualmente come organizzazioni sindacali siamo impegnati nella trattativa per il rinnovo dell’accordo integrativo di gruppo che ha come priorità la qualità del lavoro e la missione produttiva di ogni singolo stabilimento dell’azienda”.
“Se le risposte aziendali sono di questo tipo - conclude Macchiesi- ci vedremo costretti ad intraprendere tutte quelle iniziative possibili a difesa di un’azienda strategica nella produzione del food nel nostro Paese e, se ben organizzata, può affermarsi con i propri brand nel Mondo”.