“Ascoltare la riproposizione di una terminologia che rievoca i passati più oscuri della nostra storia è un pesantissimo e pericolosissimo salto indietro. Che non si possa parlare di razze tra esseri umani lo ha dimostrato la scienza, dicendo che non esiste una biodiversità”. Così Giuseppe Massafra, segretario confederale Cgil, stamattina ai microfoni di RadioArticolo1.   

“Oggi sentir parlare di razza non è altro che riproporre un tema che appartiene alla politica, in particolare ala propaganda, che utilizza quel termine in forma di difesa e arroccamento, ed è un pericoloso salto nel vuoto, che in questo primo scorcio di campagna elettorale sta riproponendo termini di stampo xenofobo e razzista, che vogliono parlare alla pancia di una popolazione sempre più rancorosa a causa delle condizioni materiali sempre peggiori che sta vivendo. È un atto di grande irresponsabilità da parte di certa politica, soprattutto di chi intende cavalcare il disagio diffuso nella società, e sta a dimostrare come, di fatto, la politica abbia ‘cannibalizzato’ se stessa, soccombendo al populismo”, ha affermato il sindacalista.

 

“Termini del genere fanno paura e vanno respinti. Invece, abbiamo la necessità di un'altra lettura, che non può essere quella di enfatizzare la cultura del diverso e del respingimento, ma, al contrario, di provare a costruire un modello solidaristico, capace di guardare nell'altro, di accogliere e integrare come processo di sviluppo della stessa società. Quindi, quelle affermazioni, che peraltro chi le ha pronunciate ha dovuto correggere un attimo dopo, parlando di lapsus, dimostrano come le tentazioni di cavalcare quella paura al solo scopo elettoralistico per acquisire consenso siano un segnale terribile e preoccupante, che incide dal punto di vista culturale in modo indelebile”, ha sostenuto il dirigente sindacale.

“Il tema delle migrazioni va affrontato in modo diverso. Innanzitutto, favorendo la libera circolazione delle persone, che significa adottare strumenti, piuttosto che essere concentrati sulla capacità di arginare i confini dei singoli Stati per evitare che i flussi migratori continuino. Vuol dire costruire politiche d’inclusione e integrazione sicure, che evitino il fenomeno degli sbarchi clandestini, che in qualche modo alimentano malaffare e contrabbando di coloro che lucrano sulla tratta di esseri umani. Dunque, bisogna cambiare completamente l'approccio al fenomeno: è una responsabilità che riguarda l'Europa in primo luogo, tutti gli Stati nazionali che compongono l'Ue, a partire dall'Italia. Abbiamo la necessità d’immaginare come mettere a punto politiche che favoriscano i processi d’integrazione, respingendo la scelta, che peraltro anche il nostro Paese ha fatto, d’immaginare che i flussi migratori possano essere bloccati aprendo centri di detenzione oltreconfine. Il 2017 è stato caratterizzato da un calo significativo dei flussi migratori verso l'Italia rispetto all'anno precedente”, ha rilevato l’esponente Cgil.

“Salvo poi capire, attraverso notizie di cronaca, che quegli sbarchi proseguono e purtroppo sono causa di morte, com’è avvenuto qualche giorno fa. Il punto è capire se la diminuzione dei flussi abbia di fatto contribuito a determinare una riduzione del fenomeno, o se invece, come diciamo da tempo, abbia semplicemente spostato da un'altra parte il problema, aggravandolo per giunta, perché a quella diminuzione che si è registrata nel 2017 per meno 32% non è corrisposto un calo dei flussi migratori dall'Africa centrale e meridionale. Se incrociamo quel dato con un'altra lettura, cioè il fatto che comunque nei centri di detenzione libici il numero dei trattenuti è rimasto invariato, significa che quel meno 32% è scomparso del tutto dalle statistiche e probabilmente è dovuto ad altri circuiti, al mercato nero degli schiavi, morti o fatti sparire. Attraverso le politiche europee e nazionali, quindi, non stiamo contribuendo a una soluzione del fenomeno, e quel concetto di ‘aiutiamoli a casa loro’, che si è tradotto nella costruzione di centri di detenzione, non fa altro che peggiorare le condizioni di vita di quelle persone, che purtroppo devono affrontare i gravi rischi del loro processo migratorio”, ha detto il segretario confederale.

“Negli ultimi mesi, le sedi Cgil sono state oggetto di attacchi dall'impronta xenofoba e fascista. È significativo il fatto che, di fronte all'escalation preoccupante di episodi che non possiamo più considerare sporadici nè semplici ‘ragazzate’, ma che nella loro sempre più frequente manifestazione stanno dimostrando come stia diventando un tratto significativo del modo di procedere di gruppi più o meno organizzati che hanno sdoganato nuove forme di violenza in chiave xenofoba e razzista, il sindacato sia ritenuto un obiettivo da parte di questi gruppi. Ciò avviene anche per il forte impegno, mai messo in discussione e su cui non abbiamo mai arretrato di un millimetro, rispetto alla scelta di proporre un modello culturale basato sui valori della solidarietà e dell’integrazione. Ma questi attacchi sono il segno evidente della necessità di un maggior livello di attenzione, partecipazione e coinvolgimento, che dobbiamo in qualche modo provare a rafforzare. Noi abbiamo la solidarietà e il rispetto, ma l'idea d’integrazione come vocazione non basta, è solo un'etichetta cucita addosso. Questi sono valori che vanno fatti vivere ogni giorno attraverso le nostre iniziative, ed è in tal senso che vogliamo appunto rafforzare il nostro impegno, riproponendo culturalmente un modello di società su cui non dobbiamo mai indietreggiare”, ha concluso Massafra.