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A proposito di vertenza sulla scuola, si riunisce oggi la commissione istruzione al Senato. Nel contempo, i sindacati tornano in piazza per tre giorni di mobilitazione contro il ddl del Governo. Su questo, soprattutto, ha discusso stamattina a RadioArticolo1, Gianna Fracassi, segretaria confederale Cgil (ascolta il podcast integrale).
"Ci apprestiamo ad avere cognizione di quello che accadrà – ha esordito la dirigente sindacale –. Il Governo, dopo il ricatto sulle assunzioni, non ha risposto all'appello dei segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil, che sollecitavano un confronto sul progetto di riforma. Renzi sta costruendo ogni sorta di mediazione per provare a depotenziare gli emendamenti presentati in commissione. Se la manovra fallirà, andrà direttamente in aula e porrà la fiducia sul provvedimento, una forzatura inaccettabile per noi, perchè il Parlamento deve essere lasciato libero di discutere. Una soluzione che non farà cessare le nostre proteste, anche se sarà varata la legge, perchè non si possono operare scelte contro il personale. C'è il tentativo di Renzi di accollare le mancate assunzioni una volta sul Parlamento, poi sulle minoranze, infine sulle organizzazioni sindacali. Un atteggiamento sbagliato e antidemocratico, perchè in ballo c'è il futuro lavorativo di decine di migliaia di precari. Tutta la partita sui docenti del ddl del Governo non è funzionale, non va in una direzione di qualificazione dei percorsi di istruzione e non ha coerenza rispetto alla costruzione e ai meccanismi di funzionamento della scuola".
"In particolare, sulla questione del precariato e del piano pluriennale di assunzioni – ha rilevato l'esponente Cgil –, non si vuole fare quell'operazione che abbiamo auspicato, cioè procedere sulle assunzioni per decreto legge, per tener dentro tutta quella parte di insegnanti precari che altrimenti sarebbe esclusa: l'idea di proseguire con il concorso non tiene conto di quelli che sono i numeri reali di chi lavora nella scuola. Anche sul turn over, Renzi si sbaglia: non riguarda 20.000 docenti, ma almeno il doppio. Sulla governance e la chiamata diretta da parte dei dirigenti scolastici, si vuole proporre solo lo spostamento di un anno dell'entrata in vigore del dispositivo, mentre sull'attribuzione delle risorse predefinite per la valorizzazione del personale pare si voglia partire subito. Anche qui, insomma, non c'è una sostanziale retromarcia da parte dell'esecutivo. Abbiamo criticato la chiamata diretta, perchè stravolge un pezzo di contrattazione ed è eccessivamente discrezionale, nè determina quegli elementi di efficienza e funzionalità, che il contratto, la mobilità e i parametri oggettivi hanno garantito in questi anni. Sulla valorizzazione del personale, trattandosi di parte del salario, la questione si pone all'interno della contrattazione nazionale. Le risorse andrebbero attribuite in primis a quelle scuole situate in aree a rischio e a forte processo migratorio, se s'intende fare un'operazione di qualità che non vada a scardinare un altro pezzo di ccnl".
Ieri c'è stata la presentazione di un nuovo documento, redatto dalle 32 associazioni promotrici dell'appello 'La scuola che cambia il paese'. Un'esperienza che tiene assieme tanti soggetti diversi: sindacati, sigle professionali degli studenti, dei gentori, società civile. Stavolta, lo slogan scelto è 'Far vincere la scuola'. Per la sindacalista, "il primo era un appello al Parlamento, mentre con il secondo abbiamo voluto dire alla politica e allo stesso Renzi che non si tratta di mettere in campo una strategia vincente, perchè l'unico vincitore deve essere la scuola e le sue necessità. Ma anche qui, malgrado la caratterizzazione trasversale della composizione delle associazioni, il Presidente del Consiglio si è mostrato sordo e indisponibile rispetto alla richiesta di rimettere in discussione alcuni punti critici del ddl la buona scuola".
Oggi è prevista anche la sentenza della Corte Costituzionale sul blocco della contrattazione nel pubblico impiego, dopo che nelle ultime settimane ci sono state pressioni da parte dell'Avvocatura generale dello Stato e dello stesso ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, preoccupati per le ripercussioni della vicenda sui conti pubblici. "Un allarme fuori luogo – secondo Fracassi –, che non inciderà sulla pronuncia della Consulta, il nostro massimo organo di garanzia dello Stato, che procederà a una valutazione oggettiva e non si farà influenzare da questi tentativi un po' maldestri e dalle cifre messe in giro, che, tra l'altro, non corrispondono alla realtà dei fatti, per tentare di modificare l'esito di una decisione. Il tema non è solo esclusivamente economico, perchè c'è in ballo il valore del contratto e un pezzo di tutele che fanno parte della nostra Costituzione".
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