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Durante il convegno inaugurale di ‘MarcabyBolognaFiere’, tenutosi ieri, è stato presentato il rapporto ‘Il contributo della Marca del distributore alla sfida dello sviluppo sostenibile e del Paese’, ed è stato affrontato il tema della filiera e della sua eticità a partire dal lavoro.
Come dichiarato anche dal ministro Bellanova, intervenuta ai lavori, è molto importante che la distribuzione moderna voglia giocare un ruolo positivo nella lotta al caporalato e allo sfruttamento, chiedendo alle imprese fornitrici di prodotti agricoli di iscriversi alla Rete del lavoro agricolo di qualità dal 1° gennaio 2021.
“È proprio una bella notizia – afferma Giovanni Mininni, segretario generale Flai Cgil –, ed è un bell’esempio di responsabilità sociale dell’impresa che ci piacerebbe si estendesse sempre di più. Se si crea una sorta di alleanza tra il lavoro e il consumo sui temi etici, si determinano le condizioni per elevare i diritti in tutta la filiera agroalimentare e si indirizzano anche i consumatori verso la sostenibilità e la legalità. Si pongono anche le basi per una migliore redistribuzione del valore in tutta la filiera, altro tema importante”.
La Flai, insieme a Terra onlus e ad altre associazioni, lanciò una campagna contro le aste al doppio ribasso che portò alla firma del protocollo con l’allora ministro Martina che seppe rispondere alle nostre sollecitazioni. “Fu un passo importante, perché, tranne un solo operatore, ci risulta che la Gdo abbia bandito le aste al doppio ribasso, eliminando un elemento fortemente distorsivo nella determinazione del prezzo nella filiera che poteva danneggiare impresa e lavoratori. Auspichiamo, a tal proposito, che il ddl che vieta le aste al doppio ribasso, prima firmataria Susanna Cenni, possa essere rapidamente approvato in via definitiva al Senato, dove è stato incardinato alla commissione Agricoltura, dopo esser partito dalla Camera”, prosegue il sindacalista.
“Riteniamo che la decisione assunta dalla distribuzione moderna abbia anche il valore d'indicare quali siano i giusti meccanismi che devono premiare le imprese agricole che non sfruttano i lavoratori e non si rivolgono ai caporali. Un altro potrebbe essere rappresentato da una premialità legata all’assegnazione delle risorse previste dalla politica agricola comunitaria. In tal modo il mercato e le misure di sostegno alla produzione saranno accessibili solo alle imprese che competono nella legalità e conferiscono un valore anche etico a ciò che producono. Chi sceglie di competere in maniera sleale deve restare fuori, conclude il dirigente sindacale.