Un referendum inutile e dannoso. Questa la posizione del segretario generale della Filctem Cgil Emilio Miceli, evidenziata oggi con un articolo sul Secolo XIX, riguardo la consultazione popolare del 17 aprile “Il quesito non riguarda il sì o il no alle trivellazioni, ma il limite delle concessioni. Non ci sono, in quelle piattaforme, trivelle. Ovviamente fa bene al paese discutere di clima e di energia perché temi che riguardano il nostro futuro. Da quel quesito, però, non viene alcun aiuto. È più importante il fatto che l’Italia abbia deciso unilateralmente di vietare, per legge, l’attività di estrazione entro le 12 miglia, però tendiamo a rimuoverlo” dice Miceli.

Il referendum si fonda su un assunto “che trovo sconcertante: sappiamo che il gas ci servirà ancora per molti decenni, ma a produrlo vogliamo siano altri. Noi, in fondo, compriamo”. Insomma, continua Miceli, la strategia referendaria “ha questo retrogusto amaro dell’egoismo sociale, economico e perfino ambientale. Vorrei sommessamente ricordare che il 46 per cento del fabbisogno energetico della Germania è garantito dal carbone, altro che gas. La grande potenza che bacchetta tutti va avanti a carbone, dunque ha un costo dell’energia più basso e un potenziale inquinante più grande del nostro. A qualche chilometro da noi siamo circondati da centrali nucleari. E noi, che abbiamo il mix più pulito ma anche più costoso, dovremmo aumentare ancora le importazioni: ha davvero poco senso e costa molto”.

Miceli, infine, ragiona anche sull’impatto sociale ed economico. “Perderemo posti di lavoro, e ne perderemo di qualificati perché attorno alle piattaforme c’è alta specializzazione” conclude il segretario generale Filctem Cgil: “Qualcuno, dimostrando disinformazione se non malafede, si è incaricato di tranquillizzare tutti sostenendo che non ci sono più di 70 addetti a piattaforma. Forse si pensa che fermando le piattaforme si terrà in piedi un sistema complesso fatto di infrastrutture, specializzazioni, imprese e lavoratori che lavorano lì proprio perché è un territorio in cui si è consolidata una cultura ed una prassi dell’estrazione?. Forse il distretto di Ravenna, tra i più importanti al mondo con le sue 500 imprese, resterà tale nel tempo se – ricorda Miceli - venisse meno l’estrazione? Chi può sostenerlo in buona fede?”.