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Emergenza idrica e allarme siccità vanno affrontati aumentando la capacità degli invasi idrici, riducendo le perdite di rete, investendo in desalinizzazione e potenziando gli accordi tra regioni e territori, soprattutto al Sud. Sono alcune delle priorità che la Filctem Cgil – la categoria che rappresenta, tra gli altri, i lavoratori dei servizi ad alta rilevanza tecnologica (elettricità, acqua, gas) – segnala in una nota.
La Filctem ricorda che l'allarme siccità interessa tutta l'Italia, dal Nord al Sud, isole comprese. La gravità della situazione è determinata dal calo di circa il 50% delle precipitazioni primaverili rispetto alla media, (con 20 miliardi di mc d’acqua indisponibili); un calo di disponibilità accompagnato dalle elevate temperature che hanno ridotto le risorse spingendo molte regioni a dichiarare lo stato di emergenza. La situazione è preoccupante perché anche il periodo invernale ha visto una riduzione delle precipitazioni del 48%. I costi economici della siccità sono rilevanti, soprattutto per l’agricoltura che è la prima vittima di questa situazione (circa un miliardo di danni stimati). La mancanza di acqua ha messo a rischio le coltivazioni in molte regioni e sta compromettendo anche il regolare approvvigionamento idropotabile in molte città italiane.
“La frequenza con cui si ripetono le manifestazioni di siccità – sottolinea il sindacato - richiede, oltre al lavoro di contrasto dei cambiamenti climatici, a cui il fenomeno è in parte legato, anche interventi di lungo periodo con specifici investimenti sulle infrastrutture idriche per la ricerca di soluzioni efficaci. In modo particolare nelle regioni meridionali la precaria situazione stagionale è aggravata da una realtà già affetta da una minore disponibilità idrica determinata anche da gravi carenze strutturali irrisolte da molti anni”.
Si tratta in primo luogo di “aumentare la capacità degli invasi idrici, a partire da quelli già esistenti che frequentemente nel Mezzogiorno sono parzialmente interrati per mancanza di manutenzione e non operano al massimo della loro capacità ricettiva. Nel Mezzogiorno gli invasi (bacini di raccolta, dighe) a volte risultano inutilizzati non essendo collegati alle reti idriche di trasporto e di distribuzione”.
Per la Filctem “una politica seria di tutela e conservazione della risorsa idrica deve considerare come prioritaria la riduzione delle perdite di rete che nel solo Mezzogiorno è dell'ordine del 40% dell’acqua immessa in rete. Persistente è anche l’insufficiente capacità di depurazione delle acque reflue e il loro riciclaggio per fini produttivi (un processo praticamente inesistente nel nostro Paese)”.
Infine “non dovrebbe essere trascurata, almeno in alcune parti del territorio meridionale particolarmente povere di acqua, la possibilità di sviluppare la desalinizzazione a costi competitivi, una pratica che oggi copre solo lo 0,1% dei fabbisogni idrici. L’efficientamento del sistema idrico delle regioni del Sud dovrebbe determinare una riqualificazione del servizio rinnovandolo in direzione di una integrazione a livello territoriale. Ciò consentirebbe l’acquisizione di una maggiore capacità industriale da parte delle imprese pubbliche locali che gestiscono il servizio idrico integrato”.
“In questa prospettiva la realizzazione della gestione integrata e solidale è necessaria anche per tutelare la risorsa idrica da un punto di vista ambientale e sul piano della lotta agli sprechi, mediante una politica che punti alla conservazione della risorsa, in primo luogo recuperando le perdite, ma anche con l’applicazione delle nuove tecnologie (reti idriche intelligenti). In tale direzione è necessario realizzare programmi di interconnessione tra le reti idriche del Sud (bacini di raccolta, acquedotti e canali di irrigazione) a partire dalle esperienze in corso che vedono lo scambio idrico tra regioni, in particolare Basilicata, Puglia e Campania”, si legge nella nota sindacale.
Queste tre regioni hanno raggiunto un’intesa sull’acqua all’ingrosso (che riguarda le fonti idriche) che, ricorda la Filctem, “prevede la costituzione di un ente di governo che sovraintende alla regolazione e alla gestione dell’acqua all’ingrosso e che definirà la tariffa dell’acqua all’ingrosso e le sue modalità di utilizzo, nonché la programmazione dell’uso e il ripristino della risorsa idrica. Peraltro, occorre superare rapidamente il ritardo sull’avvio della società pubblica tra regioni e Stato che deve subentrare all’Ente irrigazione tutt’ora commissariato”.
Per il sindacato “resta prioritario il problema delle aggregazioni delle gestioni pubbliche per raggiungere la dimensione regionale, per realizzare una maggiore efficienza del servizio ed economie di scala, per sostenere gli investimenti necessari al risanamento e alla integrazione. L’azienda pubblica di dimensioni regionali è una scelta che oltre a rafforzare il controllo pubblico sul ciclo delle acque, consentirebbe una espansione industriale in settori affini e complementari: efficienza energetica, fonti rinnovabili, reti interconnesse”.
“È necessario formare soggetti industriali più forti – conclude la Filctem – che consentano la realizzazione di programmi di investimenti sulle infrastrutture per superare le attuali insufficienze della qualità del servizio. Occorre intervenire sugli squilibri di area che impattano anche sui servizi di fognatura e di depurazione e che contribuiscono a mantenere alto il divario ambientale e le differenze di qualità del servizio tra Sud e Centro Nord”.