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Che la democrazia sindacale sia parte integrante del grado di civiltà di un paese e, più in generale, la cartina di tornasole del rispetto e dell’esigibilità di quell’articolato quadro d’insieme rappresentato da tutele, diritti e regole condivise, sono ormai un po’ tutti concordi nel sottolinearlo. Un assunto comunque complesso, che chiama in causa in particolare il legame inscindibile che la stessa democrazia ha con i temi della rappresentanza e della rappresentatività nei luoghi di lavoro.
È stata soprattutto la vicenda Fiat a far emergere con forza, su questo delicatissimo versante, una verità di cui in molti eravamo già da tempo convinti, e cioè che con l’autoritarismo non si ottiene il consenso del mondo del lavoro. Per tutte queste ragioni, appare davvero singolare il silenzio assordante che (salvo poche eccezioni) ha accompagnato in questi giorni l'accordo unitario per l'elezione degli Rls negli stabilimenti Fca e in Cnh fimato da Fiom, Fim e Uilm, in virtù del quale il diritto al voto per tutti i lavoratori, con la possibilità di scegliere liberamente una propria rappresentanza, torna ad avere diritto di cittadinanza nell’ex Fiat. Non è il ripristino pieno della democrazia, ma non è nemmeno poco.
Un risultato importante, perché – dopo anni di incomprensioni tra le sigle di categoria – ha permesso di fare un passo in avanti rispetto a quanto stabilito negli accordi separati di Pomigliano e Mirafiori (giugno e dicembre 2010) e poi, a partire dal dicembre 2011, nel Contratto collettivo specifico di lavoro applicato in Fiat, che aveva consentito al Lingotto di collocarsi fuori dal sistema confindustriale e introdotto modalità di rappresentanza piuttosto controverse, con Rls nominati e la possibilità di essere eletti riconosciuta solo agli iscritti alle organizzazioni firmatarie del Ccsl (con la conseguente esclusione della Fiom).
Ora, trovato l’accordo, il voto per i delegati alla sicurezza è previsto tra marzo e giugno; ogni sigla sindacale presenterà una propria lista e propri candidati, con la ripartizione degli Rls che avverrà su base proporzionale. Tutto bene, dunque? Non esattamente. Perché se è vero che una battaglia è stata vinta, il vulnus che resta da sanare, opponendosi al disegno di chi intende impedire il voto unitario nella scelta delle Rsa, è di quelli che tolgono il sonno.
Il fatto è che quello che vige in Fca e in Cnh è un vero e proprio doppio regime di diritti: un trattamento di miglior favore per i sindacati firmatari del contratto di lavoro e un altro, decisamente penalizzante, al pari di quanto avveniva fino a pochi giorni fa per il voto degli Rls, a uso e consumo dei delegati Fiom, a cui non viene riconosciuto il diritto di partecipare a una competizione tra pari. Un’anomalia che impedisce a un numero assai elevato di lavoratori di poter avere una rappresentanza sindacale composta da delegati da essi stessi eletti al fine di negoziare con l’impresa materie di cruciale importanza.
La prossima battaglia che i metalmeccanici Cgil saranno chiamati a vincere sarà allora quella contro chi vuole a tutti i costi ostacolare il pieno esercizio di un diritto costituzionalmente garantito e, assieme, relegare i loro iscritti a un ruolo di semiclandestinità nell’ambito delle fabbriche ex Fiat. Nell’attesa, un aiuto decisivo potrebbe giungere dal varo da parte del Parlamento di una legge sulla rappresentanza, che – oltre a garantire finalmente l’integrale recupero in Fiat (ma non solo) delle più elementari regole di democrazia – riesca a evitare che in futuro un accordo tra sindacati, nemmeno quelli con più iscritti, possa portare ancora alla discriminazione del dissenso.