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Si è svolta stamani (martedì 12 maggio) a Torino l’udienza preliminare del processo Eternit-bis. E la seduta è stata subito aggiornata a giovedì prossimo (14 maggio), per permettere alla difesa di esaminare le carte relative alle numerose richieste di costituzione di parte civile. Stavolta l’accusa, che vede come imputato l’ex amministratore delegato del gruppo belga Stephan Schmidheiny, è di omicidio doloso aggravato nei confronti di 258 persone (ex lavoratori e residenti), morti tra il 1989 e il 2014 per mesotelioma pleurico causato dall’amianto. Schmidheiny era già stato condannato dalla Corte d’Appello di Torino a 18 anni di carcere per disastro, ma poi definitivamente prosciolto per prescrizione del reato. L’udienza preliminare si svolge nella maxi aula 1 del Palazzo di giustizia di Torino, dinanzi al giudice Federica Bompieri.
I pm Raffaele Guariniello e Gianfranco Colace sono convinti che Schmidheiny, pur conoscendo il problema, fece poco o nulla per modificare le “enormemente nocive condizioni di polverosità” nelle fabbriche, portando avanti una “politica aziendale” che provocò una “immane esposizione ad amianto di lavoratori e cittadini”. Il tutto per “mero fine di lucro” e “'con mezzo insidioso'”, in quanto avrebbe omesso di informare lavoratori e cittadini sui rischi, rendendosi quindi protagonista di una “sistematica e prolungata campagna di disinformazione”.
La difesa del magnate svizzero punta invece sul principio del “ne bis in idem”. Secondo gli avvocati della difesa, Astolfo Di Amato e Guido Carlo Alleva, questo processo “prima o poi si chiuderà, i fatti sono gli stessi del processo precedente”. Riguardo l’accusa di omicidio volontario, secondo Di Amato questa “è una forzatura. Immaginare che siano stati investiti 75 miliardi di vecchie lire per uccidere le persone non è logico”. Infine, per quanto concerne il cambiamento di imputazione rispetto al primo processo, per l’avvocato “la giurisprudenza di Strasburgo ha chiarito che il fondamento non è il principio di diritto, ma il fatto”.
“La nostra gente chiede solo giustizia” dice il coordinatore dell’Associazione familiari vittime di amianto Bruno Pesce: “A Casale c’è ancora un morto alla settimana, ora speriamo emerga la verità. La decisione della Cassazione è stata un colpo allo stomaco, una mazzata, molti di noi non hanno più fiducia nella giustizia italiana”. A costituirsi parte civile anche il Comune di Casale Monferrato. “Speriamo che questa volta la giustizia e il diritto possano coincidere” ha detto il sindaco Titti Palazzetti: “Sappiamo che è un processo difficile, speriamo in una condanna perché nel nostro paese la strage continua. Vorremmo che il disegno di legge al Parlamento considerasse che il reato di strage non può cadere in prescrizione”.
Cgil, Cisl e Uil Piemonte si sono costituite parti civili, e garantiranno il patrocinio ai familiari delle vittime attraverso il pool di avvocati delle rispettive organizzazioni. “È la prosecuzione – affermano i segretari regionali Laura Seidita (Cgil), Marcello Maggio (Cisl) e Francesco Lo Grasso (Uil) – di un impegno profuso in tutti questi anni a tutela dei lavoratori, e di una lotta portata avanti insieme all’Afeva e a un’intera comunità”. Le segreterie regionali si appellano anche ai parlamentari piemontesi a sostegno dell’iniziativa sul disegno di legge, approvato in marzo dal Senato e non ancora alla Camera, che stabilisce il delitto di disastro ambientale: “È un passo avanti importante – concludono – che può essere ancora migliorato. Oltre alla tutela della salute per i cittadini, chiediamo anche il completamento della bonifica dei siti territoriali come promesso dagli ultimi governi che si sono succeduti fino a oggi”.