È arrivato alla fine lo storico processo Eternit che con la severa condanna comminata ai vertici dell’azienda, Stephan Schmidheiny e Jean Louis de Cartier, ha suscitato la medesima eco della sentenza ThyssenKrupp”. Lo dichiara il presidente dell’Anmil (Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro) Franco Bettoni, secondo il quale la condanna comminata ai due principali responsabili della multinazionale lascia ben sperare sul fatto “che la nostra società sarà più rispettosa verso la salute dei lavoratori”.

Una sentenza esemplare, sempre secondo Bettoni: è la prima volta, in Italia, che i massimi esponenti di un’azienda vengono condannati per aver volontariamente cagionato un disastro ambientale. “Purtroppo, la sentenza ha dichiarato estinti per prescrizione i reati commessi dagli imputati negli stabilimenti di Rubiera e Bagnoli – ha commentato con una certa amarezza il presidente dell’Anmil – e, a nostro giudizio, i risarcimenti riconosciuti ai familiari delle vittime costituitisi parte civile sono stati abbastanza contenuti nel loro ammontare, se si pensa che quelle vite sono state ‘liquidate’ in media con una provvisionale dell’importo di 30.000 euro”.

La tragedia dell’amianto
non è però finita: “Questa sostanza è la principale causa di tumore legato all’attività professionale e l’emergenza sanitaria non è cessata con la chiusura o la messa in sicurezza delle fabbriche. Le terribili malattie che ne conseguono hanno una latenza che può anche arrivare a 40 anni dall’esposizione e colpiscono non solo i lavoratori, bensì anche i familiari che vengono a contatto con l’amianto”. Preoccupa, per il presidente dell’associazione, constatare che l’industria dell’amianto è ancora attiva: “È stata spostata dall’Europa in Ucraina, Russia, India, Egitto e Cina, dove si continua a lavorare esposti alla polvere killer, senza alcuna protezione”.