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Martedì 29 luglio sarà sciopero generale dei lavoratori di tutte le aziende del gruppo Eni (impianti di raffinazione, produzione e perforazione, impianti chimici e petrolchimici, sedi direzionali, depositi, uffici commerciali e amministrativi, aziende territoriali), oltre allo sciopero di due ore – da definire a livello locale - di tutti gli impianti di raffinazione presenti sul territorio nazionale. Nella stessa giornata dello sciopero, prevista una manifestazione/presidio a Roma (ore 15) davanti a Montecitorio.
Oltre 30mila i lavoratori interessati dall'astensione dal lavoro che – assicurano i sindacati – sarà rigorosamente effettuata secondo le norme previste dalla legge n.83/2000 e dagli accordi contrattuali intercorsi a tutela della sicurezza delle persone, della loro integrità, dell'ambiente circostante e delle emergenze.
Il pomo della discordia è la profonda crisi in atto nel sistema della raffinazione italiana, culminata con la chiusura di tre raffinerie – oltre alla drammatica situazione di Gela, dove il 28 luglio ci sarà lo sciopero generale e una grande manifestazione con la partecipazione di Susanna Camusso (Cgil), Maurizio Bernava (Cisl), Paolo Pirani (Uiltec) – e dalle posizioni recentemente rese note da Eni su blocco di investimenti, dalle scelte preoccupanti di ridimensionamento degli assetti industriali, occupazionali e della politica energetica del gruppo nel nostro paese.
Insomma “l'annuncio choc dell'Eni – dicono senza mezzi termini i segretari generali di Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil, Emilio Miceli, Sergio Gigli, Paolo Pirani - di mettere in discussione l'intero impianto strategico della chimica e della raffinazione in Italia comporta pesanti ricadute sull'intero sistema industriale e occupazionale nel nostro paese, facendo terra bruciata sull'industria italiana. Questo il governo lo deve sapere, in primis il presidente del Consiglio”.
“Colpi di spugna – insistono i tre leader sindacali - su accordi e investimenti Eni già sottoscritti (Marghera, Gela, ecc.) sono inammissibili. Al Governo – ricordano - abbiamo chiesto l'immediata convocazione di un tavolo negoziale (riunione che si terrà mercoledì 30 luglio al ministero dello Sviluppo Economico, ndr): se – come sostengono al ministero dello Sviluppo economico - la politica industriale richiede anche di rivalutare l'intervento pubblico nell'economia, allora il governo chiarisca se l'Eni risponde solo al mercato e alla Borsa o deve dar conto delle decisioni anche all'azionista di riferimento”.
“Se è vero, come è vero, che l'Italia ha bisogno degli investimenti e della presenza industriale di Eni, non possiamo assistere inerti – concludono i tre sindacalisti – a un grande gruppo che rischia di uscire dall'industria. Ci batteremo con tutte le nostre forze affinchè ciò non avvenga: è per questo che abbiamo l'obbligo di tenere uniti tutti i lavoratori del gruppo”.