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Due giorni per rivendicare l'importanza della cultura come servizio pubblico essenziale. È #EmergenzaCultura, la manifestazione organizzata dalla Fp Cgil Beni culturali a Roma per venerdì 6 e sabato 7 maggio, la prima grande risposta alle riforme che mettono in discussione la tutela del nostro patrimonio e la dignità e il valore delle lavoratrici e dei lavoratori. Venerdì 6 l’appuntamento è al Centro Congressi Cavour per affrontare il tema delle riforme Franceschini e Madia, mentre sabato 7 si tiene un corteo da piazza della Repubblica a piazza Barberini.
Il sindacato rileva che “il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione”, tutelato dall’articolo 9 della Costituzione, è “oggi in gravissimo pericolo” a causa delle “modifiche dell'ordinamento introdotte dal Governo Renzi e passivamente subite dal ministro Dario Franceschini”. Con la manifestazione di sabato, la Fp Cgil chiede all’esecutivo “di sospendere l'attuazione dello Sblocca Italia, della legge Madia e delle 'riforme' Franceschini: perché si apra un vero dibattito, nel paese e nel Parlamento, sul futuro del territorio italiano, bene comune non rinnovabile”.
La piattaforma sindacale comprende numerosi aspetti. Si chiede “di introdurre l'insegnamento curricolare della storia dell'arte dal primo anno della scuola superiore”, di “permettere a una nuova leva di ricercatori di entrare nei ranghi del ministero per i Beni culturali”, di “tornare indietro rispetto all'idea cardine della riforma Franceschini: la miope e pericolosissima separazione radicale tra tutela (di fatto impedita) e valorizzazione (troppo spesso trasformata in mercificazione)”, di “interrompere il processo di trasformazione dei musei statali in fondazioni di partecipazione aperte agli enti locali e ai privati”.
La Fp Cgil Beni culturali chiede anche di “sospendere l'attuazione dell'accorpamento delle soprintendenze archeologiche, la soppressione della direzione generale per l'archeologia, lo stravolgimento dei depositi e degli archivi delle strutture territoriali di tutela” e invita il governo a “rinunciare a far confluire le Soprintendenze in Uffici territoriali dello Stato diretti dai prefetti”. Si sollecita l’esecutivo, inoltre, a “ripristinare la competenza del ministero nella scelta degli immobili pubblici da vendere ai privati”, a “non indebolire la legislazione sull'esportazione delle opere d'arte dall'Italia” e a “rinunciare all'idea di smembrare i Parchi nazionali”.
Il sindacato denuncia “che, nonostante l'annuncio di misure palliative di puro impatto mediatico (le ventilate 500 assunzioni dal 1 gennaio 2017 non serviranno nemmeno a rimpiazzare chi andrà in pensione da ora ad allora), vengono frustrate ancora un volta le speranze di chi si è duramente formato per lavorare al servizio del patrimonio culturale, della sua tutela e della sua apertura ai cittadini dell'Italia e del mondo”. La tutela e la valorizzazione del patrimonio, la direzione dei musei e degli istituti della cultura, continua la Fp Cgil, devono “continuare a essere affidate a professionisti (come archeologi, storici dell'arte, operatori museali specifici e naturalisti)”. Infine, si chiede al governo di “assumere immediatamente i 1.400 lavoratori necessari a compiere l'organico del ministero per i Beni culturali, e che quindi venga sbloccato il turnover annuale, attraverso concorsi regolari per l’assunzione a tempo indeterminato di professionisti”.