PHOTO
... Di questo è convinto Innocenzo Cipolletta nella densa intervista che pubblichiamo in apertura. Questo modello già esiste in Usa, dove le diverse associazioni datoriali spandono denaro a profusione per influenzare leggi e scelte politiche in un contesto di relazioni industriali in cui è, appunto, il contratto aziendale a farla da padrone. In un sistema che va in questa direzione dovrebbe essere speculare la collocazione dei sindacati dei lavoratori: lobby politica in “alto” e in “basso” soprattutto servizi, consulenze, e un po' di conflitto quando si dà il caso. Il modello Cisl, insomma.
È una situazione tipicamente postmoderna: il fenomeno lobbistico, infatti, s'inquadra in un contesto deideologizzato, in cui, secondo una definizione efficace tratta da Wikipedia, “l'adesione o la presa di contatto con un gruppo di interesse non implica di per sé coincidenza a una generalizzata, o ideologica, visione del mondo ma si concretizza in un supporto a singole e specifiche negoziazioni con le istituzioni”. Non può sfuggire che uno schema simile presenti delle debolezze. Il rischio continuo è quello dell'omologazione politica dei corpi intermedi della società: in sostanza la rinuncia a un proprio punto di vista autonomo ma generale sul progresso e lo sviluppo del paese in cambio di concessioni magari di breve respiro.
E che questo processo sia già in atto, lo spiega bene Gaetano Sateriale nel pezzo che pubblichiamo nella pagina seguente. Il sindacalista ne trova conferma nel fatto che negli ultimi tempi Confindustria è sempre più impegnata “in dichiarazioni a settimane alterne a favore o contro il governo”. Il che vuol dire non solo esercitare pressioni – che è il cuore di ogni attività lobbistica –, ma anche e soprattutto subirne.