In Europa, la retribuzione oraria delle donne è pari al 16,7% in meno rispetto a quella degli uomini; in Italia, la differenza è leggermente inferiore, ma comunque corrisponde a una quota pari a una mensilità in meno, percepita ogni anno dalle donne rispetto agli omologhi maschi. Se poi si considera il lavoro nelle sue molteplici modalità (includendo anche il maggior ricorso al part time da parte delle donne e i periodi d'interruzione dal lavoro per la cura dei figli o di altri familiari), il divario retributivo di genere risulta elevatissimo, addirittura prossimo al 40%.
Per approfondire questo problema e valutare come contrastare il fenomeno, a partire dalla contrattazione decentrata e dal ruolo delle parti sociali, la Cgil Veneto ha organizzato un incontro per il 25 novembre a Mestre, presso il teatro Momo in via Dante, con inizio alle ore 10. Lo ha voluto fare in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, perché la violenza non è solo quella fisica o psicologica, ma è anche quella economica, e lo ha inserito in un evento più ampio (sempre al teatro Momo) che intende affrontare il tema della violenza sulle donne sotto molteplici aspetti.
A parlare delle discriminazioni salariali, saranno Elena Di Gregorio, segretaria generale Cgil Veneto, e la professoressa Donata Gottardi, dell’università di Verona, che del tema si è occupata coordinando una recentissima ricerca, inserita nel progetto europeo 'close the deal, fill the gap'. Lo studio è partito dall’osservazione di casi concreti, comprese 223 intese aziendali dell’area veronese e un approfondimento di dettaglio su due aziende situate nel Veneto, oltre che da un’analisi normativa e dei modelli di relazioni industriali in diversi Paesi.
Se la prima parte dell’iniziativa, organizzata dalla Cgil, riguarda l’ambito del lavoro, la seconda parte sarà più incentrata sulle problematiche della violenza, di cui sono vittime le donne nella società, altra faccia di una stessa medaglia che vede le donne penalizzate da una stortura - fino a pagarla con la vita -, che trae origine dalla disparità di potere fra i sessi. Questa, verrà affrontata nel suo aspetto “più sottile”, “culturale”, “psicologico”, “quotidiano”, attraverso uno spettacolo, 'donna in difesa', realizzato dal piccolo teatro 'Fuoriposto', per la regia di Paola Brolati, che tratta il tema attraverso la presentazione di una serie di sketch, dal taglio ironico e grottesco, a comporre una sorta di “manuale di autodifesa” delle donne.
Nella regione ogni anno 68.000 donne vittime di violenza
La violenza sulle donne è ben presente anche nel Veneto. In base a una elaborazione su dati Istat, ogni anno, nella regione, vi sono quasi 68.000 donne vittime di violenza, pari al 3,9% della popolazione femminile tra i 16 e i 70 anni. Di queste il 18% subisce sia violenza fisica che sessuale, vittime di abusi e gravi maltrattamenti che si consumano soprattutto tra le mura domestiche. Il fenomeno, seppure in leggera attenuazione rispetto a vent'anni fa, si presenta comunque di notevoli dimensioni e, soprattutto, registra una maggiore gravità delle violenze, tanto che dalla fine degli anni ’90 ad oggi è quasi raddoppiato il numero di donne che durante gli episodi di violenza hanno temuto per la propria vita. Autori degli atti più gravi sono in maggioranza i partner (attuali o ex), mentre, fra le vittime, va evidenziata la particolare esposizione di donne con problemi di salute o disabilità, fra le quali il rischio di stupri o tentati stupri è doppio rispetto alle altre.
Sul lavoro 78.000 le vittime di molestie e ricatti sessuali
Gli ambienti di lavoro sono tutt’altro che esenti da fenomeni di violenza, oltrechè da molestie e ricatti sessuali, che ben definiscono una condizione di totale svilimento della donna, in quanto persona e lavoratrice. In base a una recente rilevazione, nel Veneto 9 lavoratici su 100 (pari a oltre 78.000 occupate) subiscono o hanno subìto molestie o ricatti sessuali sul lavoro nel corso della vita. Le molestie rappresentano poco più di un terzo, mentre ricatti e richieste di disponibilità sessuali riguardano il 65% delle situazioni di cui sono vittime le donne, soprattutto se giovani e con elevati titoli di studio.
Nel 25% dei casi le 'avances' sono ripetute, trasformando il lavoro in un vero e proprio inferno per persone continuamente sottoposte (45% dei casi) alla minaccia di perdere il lavoro o restare professionalmente segregate. Raramente, chi subisce un ricatto sessuale sul lavoro ne parla con qualcuno. Si tace per “paura di essere trattata male”, “per la vergogna e l’autocolpevolizzazione”, “per paura delle conseguenze per sé e la famiglia”, per “sfiducia”. Gli esiti sono comunque nefasti per le vittime: il 57,2% cambia lavoro; il 2,5% è licenziata, il 3,8% trasferita, il 2,7% si mette in malattia. Solo nell’1,2% dei casi “è andato via lui”, e nello 0,8% c’è stata una denuncia. Su tale problematica, il sindacato veneto è riuscito a conseguire alcuni accordi aziendali, atti a prevenire e reprimere ricatti e molestie sul lavoro. È un impegno che continua e si arricchisce di sempre nuove intese.