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Il Def e la crescita debole, il fallimento del Jobs Act, le privatizzazioni di Poste italiane e Ferrovie dello Stato, la digitalizzazione del Paese. Questi, gli argomenti trattati da Fabrizio Solari, segretario confederale Cgil, durante l’intervista rilasciata oggi a Italia parla, la rubrica quotidiana di RadioArticolo1 (ascolta il podcast integrale).
“Il Documento di economia e finanza 2016 del governo testimonia di un quadro di crescita molto debole – ha esordito il dirigente sindacale –, e con questi tassi non risolviamo certo il problema principale, quello dello sviluppo dell’occupazione. Il Def ripropone le identiche ricette degli ultimi anni, ed è evidente che il nostro rilievo non può che essere critico, proprio perché il quadro che ci rimanda la realtà chiederebbe un cambio delle politiche economiche”.
“Ciò che manca sono soprattutto gli investimenti, pubblici e privati – ha detto l’esponente Cgil –. In tali condizioni, è evidente che, dopo aver celebrato, a nostro avviso fuori luogo, quelle poche decine di migliaia di occupati in più grazie al Jobs Act, dobbiamo dire che quelle assunzioni le abbiamo pagate 16 miliardi d’interventi di defiscalizzazione, e finiti quelli, siamo punto e daccapo. Questo ci dicono i dati d’inizio anno sul piano occupazionale, e resta il nodo di un’economia che non si espande né si rinnova. Dunque, l’equazione del governo, che è in sostanza meno diritti e meno costi sul lavoro, lasciando mano libera alle imprese su come far ripartire la macchina, non funziona né ha mai funzionato. Per cui dico: cambiamo paradigma”.
“Per quanto riguarda le privatizzazioni – ha continuato il sindacalista –, prendiamo a modello quel che ha fatto Obama negli Stati Uniti, con interventi diretti nelle direttrici fondamentali dell’economia. Quelle aziende ancora sotto il controllo diretto dello Stato potrebbero essere gli strumenti da utilizzare per dare una scossa positiva all’economia e al mercato: anziché vendere per fare cassa e risanare il debito pubblico, come intende fare il governo con Poste italiane, dopo averne già privatizzato il 40%, si mantenesse il controllo di quell’impresa, utilizzandola come leva di sviluppo, si potrebbe fare un ragionamento sulla logistica che manca del tutto in Italia, e Poste potrebbe diventare un grande operatore in quel campo”.
“Sulla privatizzazione di Ferrovie dello Stato c’è un problema tecnico – ha aggiunto Solari –, perché quel gruppo comprende il vettore Trenitalia e la rete Rfi; quindi il bilancio tiene dentro entrambe le cose. L’elevata esposizione debitoria di Fs è sostanzialmente controbilanciata dal possesso della rete, un bene che dal lato patrimoniale ha il suo peso. Ed è chiaro che dovendo scorporare la rete - secondo le direttive Ue a tutela della concorrenza -, nel momento in cui si fa un’operazione di questo tipo si produce immediatamente uno squilibrio di Trenitalia, in condizioni tali da non poter sopportare una privatizzazione, per il fatto che non c’è il valore corrispondente. Anche qui, spero si faccia un ragionamento che serva al Paese: Trenitalia non è solo il collegamento in alta velocità delle grandi città e, anche se molto più malamente, il trasporto locale, ma deve assicurare una capacità collettiva nel trasporto merci alternativa alla gomma, se si ragiona in termini di sistema. Ma se la priorità è vendere, non se ne fa nulla”.
“In merito alla digitalizzazione del Paese – ha concluso il segretario confederale –, per ora è solo un’idea confusa e rientra in quella politica degli annunci che di danni ne ha già fatti moltissimi. È un ragionamento che andrebbe fatto e sviluppato seriamente, perchè la bassa produttività della nostra industria manifatturiera è largamente dipendente da un’incidenza troppo bassa dell’Ict in Italia rispetto al resto d’Europa. Rimane il nodo della rete di nuova generazione: c’è l’impegno promesso da Enel, Telecom che nicchia, Cassa depositi e prestiti che rimanda. Se vogliamo affrontare seriamente il tema, bisogna porre la questione del recupero del gap tecnologico della rete. Per ora, rimaniamo agli ultimi posti in Europa come sviluppo della rete e utilizzo degli asset, ma è evidente che è da qua che bisogna partire. Nello stesso tempo, sarebbe assolutamente interessante e prioritario sviluppare una riforma della pubblica ammnistrazione in senso digitale, con un trasferimento di una serie di funzioni on line rispetto al classico sportello”.