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Incontrai la prima volta Davide Imola un bel po’ di anni fa, quando venne alla Facoltà di Scienze della Comunicazione con l’idea di coinvolgere i nostri studenti nella realizzazione di un filmato sul lavoro precario da presentare nell’ambito di “Obiettivi sul Lavoro”, una sezione del premio Ilaria Alpi. Rimasi molto colpito da quel sindacalista: era di una competenza estrema, ma altrettanto aperto e realmente interessato alle idee degli altri. Capii anche subito che darti fiducia, senza retorica e senza secondi fini, era parte del suo DNA.
Nacque lì un sodalizio duraturo, che passò attraverso la creazione di un Osservatorio per lo studio dei lavoratori parasubordinati, la nascita dell’Associazione 20 maggio per la “flessibilità sicura”, l’iniziativa di Alta Partecipazione, che mise insieme associazioni, sindacalisti e parlamentari nella ricerca di soluzioni innovative per migliorare il mercato del lavoro, specialmente dei giovani. La sua attività a volte fu malvista da altri sindacalisti perché puntava a tutelare i lavoratori flessibili subito, senza necessariamente rimandare tutto al giorno – se mai fosse venuto – in cui sarebbero diventati lavoratori dipendenti.
Ma il Davide che amavo di più era quello che organizzava a casa, insieme all’amata Marilisa, delle strepitose cene romagnolo-napoletano, in cui si incontravano nuovi e vecchi amici, si discuteva di politica, di sindacato e naturalmente delle nostre idee per il futuro. Quegli incontri, che terminavano spesso con epiche disfide al videogame o con la preparazione del materiale da distribuire alla prossima iniziativa dell’Associazione, mettevano a rischio, tra sapori naturali e incantati, due settimane di dieta, ma ti lasciavano con la certezza che il rapporto con Davide e Marilisa fosse fondamentale per renderti migliore la vita. Davide era un mio amico – del resto era impossibile conoscerlo e non amarlo – e mi mancherà per sempre. Il modo migliore per ricordarlo, per me, sarà di impegnarmi ancora di più nelle iniziative in cui lui mi aveva coinvolto.
Ciao Davide. Noi, come ci hai insegnato, “teniamo botta”.