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Due giorni di sciopero e incontro oggi (martedì 10 ottobre) a Verona in Prefettura, mentre in contemporanea Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil tengono un presidio in piazza dei Signori. La crisi della Melegatti, la storica azienda dolciaria che ben 123 anni fa “inventò” il pandoro, non accenna a risolversi. La produzione è quasi ferma, i fornitori (materie prime e imballaggi) lamentano i mancati pagamenti, mentre i 70 lavoratori dei due stabilimenti di San Giovanni Lupatoto e San Martino Buon Albergo, oltre a non aver ricevuto gli stipendi da agosto, sono in cassa integrazione ordinaria (per complessivi 30 giorni) da giovedì 5 ottobre.
Tra i dipendenti c’è molta tensione. I sindacati hanno indetto la due-giorni di sciopero (iniziato lunedì 9 ottobre) dopo aver denunciato il tentativo dell’azienda di riprendere la produzione per conto terzi: la Melegatti, sostengono le organizzazioni dei lavoratori, avrebbe contattato individualmente alcuni lavoratori stagionali per produrre dolci per un marchio concorrente. Una situazione che sancirebbe quindi l’assenza del pandoro Melegatti dalle tavole natalizie (da cui deriva gran parte del fatturato, che nel 2016 è stato di 70 milioni di euro) e che metterebbe a serio rischio il futuro dell’azienda. Da qui la decisione dello stop, in attesa dell’incontro odierno.
Fai, Flai e Uila chiedono le dimissioni dell'attuale amministratore delegato e presidente Emanuela Perazzoli. “Deve farsi da parte, per il rilancio occorrono un aumento di capitale e l'arrivo di un nuovo imprenditore che abbia voglia di investire in quest’azienda” ha spiegato nei giorni scorsi la segretaria Flai Cgil Verona Paola Salvi: “Se davvero l'attuale presidente tiene al futuro dell’azienda deve mettersi una mano sul cuore. La Melegatti non può morire, ha grandi potenzialità, ci sono imprenditori interessati a entrare e a rilanciarla, e anche le banche sono disposte a continuare a darle credito”.
A chiedere un passo indietro all’attuale dirigenza è anche la famiglia Turco, socia di minoranza dell’azienda, che si è detta disponibile a rilevare in toto la società (il 30 ottobre è fissata l'assemblea straordinaria dei soci per sottoscrivere l'aumento di capitale). In un’assemblea che si è tenuta venerdì 6 ottobre, l’avvocato della famiglia, Carmine Canonico, ha parlato – come riferiscono i quotidiani locali – di una “mala gestio protratta da tempo” e di “poca trasparenza”, chiedendo “un cambio al vertice, un nuovo cda che rinnovi quello scaduto da tempo”. Il legale non ha escluso la prospettiva della “procedura concorsuale” (ossia una misura giudiziale come il fallimento, l’amministrazione straordinaria, il concordato preventivo), anche se per ora va considerata come extrema ratio.