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“Sai come si raccolgono le cipolle?”, domanda Aleida, la figlia di Ernesto Che Guevara. “Le cipolle vanno raccolte all'alba, quando il sole non è ancora forte, perché solo così si possono conservare tutti i succhi e i minerali che contengono. Me lo ha insegnato una indigena del nord dell'Ecuador. Ma questo è solo uno dei tanti esempi che potrei fare sulle infinite cose che si possono apprendere incontrando altre culture, altri popoli”.
Aleida Guevara è ad Assisi assieme all'amico Gianni Minà. Il nostro colloquio con lei avviene proprio mentre centinaia di persone cominciano ad arrivare alla Pro Civitate Christiana - che la ospita insieme al Circolo Culturale Primomaggio - per ascoltarla parlare del “sogno” di suo padre e della sua attualità. Quel sogno di giustizia sociale e di libertà che lo portò lontano da sua figlia e dalla sua famiglia, fino alla morte in Bolivia, nel 1967, quando Aleida non aveva ancora compiuto sette anni. Per fortuna, abbiamo ancora qualche minuto, per parlare di cipolle e delle sue preoccupazioni rispetto al crescere nel mondo di sentimenti di paura e di chiusura.
Aleida, tu sei già stata più volte in Europa e in Italia, ma oggi il clima politico è indubbiamente diverso. Come hai trovato il vecchio continente?
Aleida Sono preoccupata per l'Europa, perché mi sembra che abbia perso la memoria. Ci si dimentica che gli europei sono stati un popolo di emigranti. Quanti cognomi italiani esistono in America Latina? Quanti? E perché? Perché la metà del popolo era costretta a spostarsi per cercare cibo, morivano di fame. E poi ci sono state due guerre mondiali in questo continente. Due guerre. E queste guerre costrinsero le persone a scappare per paura di morire. Esattamente quello che succede ora in altre parti del mondo, per esempio in Siria. Esattamente lo stesso. Però gli europei non vogliono accogliere queste persone che scappano oggi, come loro scapparono nel secolo scorso.
La dignità di tutti gli esseri umani e la lotta contro le disuguaglianze erano alla base del sogno di tuo padre. Oggi, nel 2019, quel sogno è più vicino o più lontano dal realizzarsi?
Aleida Intanto, è importante ricordarci sempre che il sogno è una prerogativa dell'essere umano e che non possiamo mai chiedere ad altri di sognare per noi. Il sogno di mio padre era quello di un mondo libero, indipendente, dove regna la pace, ma con dignità. Quel sogno oggi è lontano dal realizzarsi, purtroppo la nostra umanità sta perdendo l'etica e questo è molto pericoloso. Per questo, sì, forse il sogno del Che è distante, ma le sue idee, le sue azioni ci spronano ancora oggi a combattere ogni giorno.
Una domanda più personale: quanto è stato difficile crescere a Cuba essendo la figlia di un personaggio così straordinario, così amato e mitizzato, non solo sull'isola, ma in tutto il mondo?
Aleida Ho una madre straordinaria (Aleida March, rivoluzionaria cubana e seconda moglie del Che, ndr), che mi ha insegnato sin da piccola che, sì, avrei ricevuto molto per il solo essere figlia di un uomo che il mio popolo ama profondamente, ma proprio per questo avrei sempre dovuto tenere i piedi ben saldi a terra e rifiutare tutto quello che non mi fossi guadagnata da sola, come essere umano. E questo è quello che io e i miei fratelli abbiamo fatto.
Tornando al sogno del Che, è indubbio che il suo esempio resti fonte di ispirazione e ammirazione per tante persone ancora oggi.
Aleida La domanda che mi fanno spesso è: cosa direbbe oggi tuo padre, cosa farebbe? Ovviamente, non si può rispondere a una domanda del genere. Io invito tutti a leggere quello che ha scritto, perché è nei suoi scritti che si trova il vero pensiero del Che. Comunque, è interessante che le persone pensino a lui nel presente. Ma io credo che sia soprattutto necessario ascoltare i giovani, che hanno i neuroni freschi e sono più liberi. Mi preoccupa molto il fatto che quando parlo con persone che si dicono di sinistra sono quasi tutte avanti con l'età. E poi mi dicono: sai, da ragazzo avevo il poster di tuo padre in camera. E allora io gli chiedo: e perché adesso non ce l'hai più?