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S’inasprisce la vertenza della Comital di Volpiano (Torino). L’azienda, di proprietà della francese Aedi, specializzata nella lavorazione dell'alluminio per l'industria farmaceutica e alimentare, ha dichiarato in maniera inattesa il 28 luglio scorso la chiusura dello stabilimento e il licenziamento collettivo dei 138 dipendenti. Il 10 agosto, poi, ha annunciato la messa in liquidazione volontaria della società. Immediata la protesta di lavoratori e sindacati, che hanno dato vita – a partire dal 31 luglio - a un presidio permanente.
Venerdì 1° settembre, davanti allo stabilimento, si svolgerà l'assemblea dei delegati della Fiom, cui sono state invitate tutte le istituzioni. “Si tratta di un'iniziativa pubblica – scrivono i metalmeccanici Cgil - per denunciare e contrastare una scelta irresponsabile che mette a repentaglio 138 posti di lavoro in un territorio già pesantemente colpito dalla crisi”. Lunedì 4 settembre, invece, è già in calendario un incontro all'Unione industriale di Torino sul futuro dell'azienda, cui parteciperanno Regione Piemonte, sindacati e management Comital.
Momenti di tensione si sono verificati giovedì 24 agosto davanti ai cancelli dell’azienda. La Comital aveva inviato un convoglio di camion, scortato dai Carabinieri, per prelevare alcune bobine di alluminio della Lamalu, altra società del gruppo Aedi. Gli operai, con le mani alzate, hanno bloccato l’entrata, i militari hanno provato a forzarlo. Ne è scaturito un piccolo tafferuglio (due lavoratori sono rimasti leggermente feriti), conclusosi dopo pochi minuti grazie al buon senso di tutti. “Gli operai – ha spiegato Gianni Mannori (Fiom) - hanno ritenuto inaccettabile che le forze dell'ordine tutelassero un imprenditore che vuole portare via il lavoro”.
L'azienda ha motivato la chiusura spiegando che “versa ormai da tempo in una difficile situazione sotto il profilo economico, patrimoniale e finanziario” e che “i dati intermedi dell'esercizio in corso, relativi ai primi sei mesi dell'anno, denotano un aggravamento della perdita, con nessuna previsione di inversione di tendenza per quanto attiene al futuro”. Una situazione che rappresenta solo una parte della verità, visto che l’azienda – come si apprende da un’interrogazione parlamentare del deputato Giorgio Airaudo – ha 3-4 milioni di euro di rosso, ma un fatturato 20 volte più grande e un capitale sociale di 10 milioni.
Tre giorni di sciopero si sono tenuti nella prima metà di luglio, allo scopo di sollecitare l'azienda a presentare un piano industriale di rilancio, che ovviamente non è mai arrivato. Ai primi di agosto, invece, sia in una riunione azienda-sindacati sia in un incontro alla Regione, l’azienda ha confermato la decisione di chiudere. “È inaccettabile quest’assenza di chiarezza e di prospettive” ha commentato il segretario generale della Fiom Torino Federico Bellono: “Non possono sempre essere i lavoratori a pagare lo scotto delle incertezze aziendali. Non intendiamo rassegnarci alla perdita di capacità produttiva e di posti di lavoro”.