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L'inizio. Il modello di accoglienza del comune di Riace è iniziato nel 1998, con lo sbarco di duecento profughi dal Kurdistan. In quell'occasione è nata l'Associazione Città Futura, per aiutare i migranti appena sbarcati mettendo a disposizione le vecchie case abbandonate dai proprietari emigrati negli anni dal paese. L'obiettivo era rivitalizzare un comune ad elevato rischio spopolamento. L’Associazione intitolata a Don Pino Puglisi aveva l'obiettivo di gestire le pratiche di asilo e ospitalità dei migranti all'interno del progetto Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) che, da quel momento in poi, hanno cominciato a popolare la cittadina. Grazie alle politiche di inclusione, Riace, che ha fatto da apripista al modello Sprar, è riuscita a dare ospitalità non solo ai rifugiati (per il momento sono 400 in tutto il paese), ma anche agli immigrati irregolari con diritto d’asilo, mantenendo in vita servizi di primaria importanza come la scuola e finanziando il comune con micro attività imprenditoriali legate all’artigianato e all'agricoltura.
Integrazione diffusa. L'integrazione dei migranti è assicurata da circa settanta mediatori culturali assunti dal Comune e al momento facenti parte del sistema Sprar. Sulla scia dell’esperienza di Riace, in questi anni i Comuni della Locride hanno aperto le porte ai profughi. Gioiosa Jonica, Stignano, Benestare, Africo e altri. Nel 2017 erano 194 i Comuni che in tutta la Calabria hanno aderito al sistema di accoglienza dei migranti Sprar. Il nuovo ‘decreto sicurezza’, varato dal ministro dell'Interno Salvini, cancellerebbe però questo sistema a vantaggio di centri di smistamento con finalità più detentive che integrative.
‘La moneta virtuale’. Per sopperire ai ritardi con cui arrivano i finanziamenti per i progetti di accoglienza, a Riace sono tuttora in uso dei “bonus”. Si tratta di una sorta di moneta virtuale nata circa dieci anni fa da un’idea del sindaco. Per ricevere i finanziamenti ci vogliono infatti sei o sette mesi. Il sistema ha come obiettivo l'incentivazione dell’economia locale. I negozianti di Riace si sono resi infatti disponibili ad accettare i bonus, che sono convertiti in euro non appena i fondi vengono erogati. I bonus equivalgono al pocket money di 2,5 euro al giorno per migrante, che diventano 175 euro mensili, 310 per due persone e 375 per un nucleo familiare da 3 persone in su.
Attività commerciali. Molti dei migranti e dei residenti di Riace trovano impiego presso le locali botteghe, cercando di rivitalizzare mestieri e tradizioni ormai in disuso. Negli anni sono nate diverse officine di ceramica, tessitura con telaio manuale e filatura della lana. Ma anche laboratori per la preparazione di conserve alimentari, lavorazione del latte, del pane e del cioccolato. Un vecchio frantoio con macine di pietra destinato alla produzione di olio d'oliva è stato ristrutturato e dotato di attrezzature moderne. Secondo il progetto originario, la struttura dovrebbe impiegare alcuni migranti attraverso lo strumento delle borse lavoro.
Scuole. Mentre in altri piccoli centri le scuole chiudono per mancanza di studenti, l'asilo finanziato dalla Regione Calabria nel 2017 ospita 30 bambini, tutti di diversa nazionalità, dando lavoro a 14 operatori. Le scuole (primaria, elementare e media) sono attive e multietniche allo stesso modo, così come anche il doposcuola.
Fattoria. Nella fattoria didattica, inaugurata a inizio 2018, la gente del luogo lavora insieme ai migranti allevando animali e coltivando prodotti della terra con metodi equi e sostenibili.
Ambulatorio. C’è anche un ambulatorio medico con un pediatra e un ginecologo che visitano gratuitamente gli abitanti del paese.
Albergo diffuso. Con un mutuo di 51 mila euro erogato da Banca Etica si è intervenuti su case abbandonate da decenni, di proprietà di emigranti mai più tornati. Con il consenso dei proprietari, sono stati rimessi a posto infissi e impianti e ospitati turisti solidali da tutto il mondo. Attraverso il recupero delle case abbandonate (una ventina) sono stati creati in totale 100 posti letto.