La Cgil del Veneto chiede che nella regione "siano realizzate le condizioni" per il rispetto della legge 194, "a partire dall'assunzione di personale non obiettore". "La vicenda della signora di Padova – si legge in un comunicato –, che si è vista respingere da ben 23 strutture sanitarie del Veneto per poter ricorrere nei tempi e modi previsti dalla legge all’interruzione volontaria della gravidanza, riapre ancora una volta non solo a Padova e in Veneto, ma in tutta Italia, l’annoso problema dell’obiezione di coscienza che di fatto impedisce – in gran parte delle strutture pubbliche – il pieno rispetto della Legge 194.
È del tutto evidente infatti "che se la stragrande maggioranza dei medici si dichiara 'obiettore di coscienza' le liste d’attesa per l’interruzione volontaria di gravidanza diventano pericolosamente lunghe costringendo le donne a rivolgersi – quando va bene – alle strutture private, o – peggio – a fare ricorso all’aborto clandestino, una vergogna sociale che la Legge 194 era nata proprio per contrastare".
Per quanto riguarda il Veneto ad esempio, risulta “obiettore” l’80% dei ginecologi, con situazioni particolarmente gravi a Padova e Belluno. "Ora, se è vero che la legge 194 consente l’obiezione di coscienza, è altrettanto vero che ogni struttura pubblica deve essere messa nella condizione di garantire una prestazione che la medesima legge consente, anche a costo di assumere medici non obiettori anche in Veneto – spiega la nota –. Ciò anche alla luce delle recenti dichiarazioni del Presidente Zaia circa l’assunzione di personale non obiettore al centro di procreazione assistita presso l’ospedale di Trecenta".
"Chiediamo all’assessore Coletto, che è intervenuto oggi sui giornali, anticipando l’avvio di una indagine interna per chiarire la questione, di farsi garante del rispetto della legge in tutte le strutture pubbliche del Veneto, affinch? situazioni come quella di 'Giulia', non abbiano più a verificarsi", conclude il comunicato.