"L’Ater mette in vendita parte del proprio patrimonio da destinare agli attuali inquilini. Un patrimonio di 4.200 alloggi da vendere in quattro anni, compresi 46 immobili commerciali e 6 terreni già in gara. Al netto di possibili truffe, già avvenute in passato, l’azienda metterà in vendita il patrimonio a un prezzo sensibilmente inferiore a quello di mercato, in particolare nel primo e secondo municipio, dove i valori medi di mercato sono tra i più alti della città. Se contestualizziamo il processo di alienazione nella regione Lazio, e in particolare a Roma, dove l’emergenza abitativa è forte, riteniamo che tale operazione debba avere i connotati della massima informazione e trasparenza". Così in una nota congiunta Cgil e Sunia di Roma e Lazio.
"Le procedure di vendita e i criteri di recupero degli alloggi Erp sono definiti dalla legge 80/2014 (piano casa), che prevede che la dismissione favorisca gli alloggi situati nei condomini misti pubblico/privati, che riguardi quegli alloggi i cui oneri di manutenzione e/o ristrutturazione siano dichiarati insostenibili dall’ente proprietario e che le risorse derivanti dalla cessione restino nella disponibilità dell’ente, per un programma straordinario di recupero e razionalizzazione del patrimonio e/o di acquisto e realizzazione di nuovi alloggi", continuano le due sigle.
"Condizioni che sembrano confliggere, se messe in relazione con il pignoramento dei conti correnti fatto da Equitalia nei confronti dell’Ater, per un totale di 370 milioni, a causa di mancati pagamenti delle imposte sugli immobili accumulati nei confronti del Comune (che forse un’attenta gestione avrebbe potuto evitare, costituendo un fondo imposte a fronte di un contenzioso dagli esiti incerti). Alcuni dati, ricavati dal bilancio sociale 2014-2015 dell’azienda, sono indicativi delle criticità presenti: un canone medio di 123 euro, a fronte di un canone di un mercato medio di 595 euro e di circa 5,700 occupanti senza titolo. Considerando, dunque, lo stato di profondo dissesto delle finanze dell’azienda, non è sostenibile la vendita ai prezzi ipotizzati", concludono i sindacati.