Secondo uno studio dell'Ires Marche, su dati Inps, che ha preso in esame il periodo 2008-16, le retribuzioni medie lorde annue percepite nelle Marche sono pari a 19.422 euro e sono significativamente inferiori sia al valore delle regioni del Centro (-1.767 euro) che a quello medio nazionale (-2. 368 euro). Dunque, è come se i lavoratori delle Marche percepissero una mensilità e mezzo di retribuzione in meno. Peraltro, nel 2016, tali differenze si sono accentuate rispetto all’anno precedente. Va precisato che i valori retributivi sono nominali e non tengono conto dell’inflazione.
Significative le differenze retributive di genere, denota : le retribuzioni medie lorde annue dei lavoratori ammontano a 22.583 euro, a fronte dei 15.454 euro delle lavoratrici: quest’ultime, dunque percepiscono 7.129 euro meno dei loro colleghi maschi, pari a -31,6%. Naturalmente, tali differenze sono condizionate anche dal maggior utilizzo per le lavoratrici del part time, piuttosto che dei contratti a termine. Tuttavia, l’incidenza di contratti precari o a tempo parziale giustifica solo in parte il divario retributivo tra maschi e femmine.
Osservando la qualifiche professionali - rivela il dossier -, emergono notevoli differenze: le retribuzioni degli operai sono di 16.146 euro lordi annui e quelle degli impiegati sono di 23.280 euro; le retribuzioni dei quadri arrivano a 60.251 euro lordi, mentre quelle dei dirigenti sono mediamente di 131.906 euro. Gli apprendisti percepiscono mediamente 11.385 euro annui. I dirigenti percepiscono mediamente una retribuzione pari a 8,2 volte rispetto a quella degli operai e 5,7 volte rispetto a quella degli impiegati.
I giovani lavoratori con meno di 29 anni presentano una retribuzione lorda annua di 11.690: si tratta di un importo notevolmente inferiore a quello mediamente recepito dai lavoratori dipendenti privati nelle Marche. I giovani con un lavoro a tempo determinato percepiscono mediamente retribuzioni di 7.297 euro lordi annui, mentre quelli che hanno un contratto di lavoro a tempo determinato percepiscono mediamente 7.300 euro lordi annui. Dunque - a giudizio della ricerca -, i giovani, più esposti a lavori precari e discontinui o a part time involontari, si misurano con retribuzioni medie complessivamente basse e bassissime.
Se si osservano le singole province italiane, emergono divari retributivi notevoli: si passa da 29.628 euro lordi annui a Milano a 12.118 euro a Vibo Valentia, a fronte di una media nazionale di 21.790 euro annui. Nella graduatoria delle province italiane, quelle marchigiane si collocano tutte al di sotto della media nazionale: Ancona al 39° posto, Pesaro-Urbino al 49°, Macerata al 60° e Ascoli Piceno-Fermo al 63°. Le regioni con i livelli retributivi più alti sono Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna. Le Marche si collocano all’11° posto. Calabria, Sicilia e Campania sono le Regioni con le retribuzioni più basse, nota lo studio.
Secondo Daniela Barbaresi, segretaria generale Cgil Marche: “Questi dati mettono in evidenza come i livelli salariali siano complessivamente troppo bassi e troppo diseguali. Quindi, si può affermare che c’è una vera e propria questione salariale da affrontare. La discontinuità lavorativa, così come il part time spesso involontario o una combinazione di entrambe le condizioni, si riflettono pesantemente sui livelli salariali percepiti e il fatto di avere un lavoro non sempre mette al riparo dal rischio di povertà, soprattutto quando gli unici redditi da lavoro in famiglia sono parziali o intermittenti”.
Livelli retributivi troppo bassi rendono necessario un ripensamento delle politiche del lavoro, delle politiche fiscali e di sostegno al reddito e soprattutto delle politiche contrattuali, da rendere più robuste e rivendicative. Peraltro, con salari troppo bassi significa anche futuro pensionistico incerto, visto che i contributi versati non saranno sufficienti a garantire pensioni dignitose. Aggiunge la dirigente sindacale: “Occorre evidenziare che c’è un circolo vizioso tra bassi salari, domanda interna stagnante e bassa crescita, che rende necessario porre la questione salariale al centro del dibattito del Paese”.
Per Giuseppe Santarelli, segretario regionale Cgil, responsabile politiche contrattuali: “Salari poveri sono anche l’indice di un sistema produttivo povero e fragile che, per troppo tempo, ha cercato di competere sul contenimento dei costi, a partire dal costo del lavoro, anziché puntare su una competitività basata su investimenti, innovazione, tecnologia, qualità e produttività”.
Se di una nuova politica salariale c’è bisogno - a giudizio della Cgil Marche -, si deve poggiare su due strumenti: contrattazione e fisco, adeguati e coerenti con l’obiettivo. La contrattazione, da quella nazionale a quella decentrata, è lo strumento per sostenere crescita dei salari e crescita della produttività, che però non è solo frutto del lavoro e non è solo dipendente da fattori interni all’impresa, ma anche da fattori esterni: infrastrutture, energia, territorio. La contrattazione di secondo livello deve essere estesa e consolidata, visto che oggi interessa una componente minima di lavoratori e imprese: nelle Marche sono meno di 250 le imprese che hanno depositato accordi decentrati presso le direzioni territoriali del lavoro.
Occorre anche una politica fiscale adeguata, che sostenga il valore reale dei salari e riduca il peso fiscale sulle retribuzioni: solo così si potranno rilanciare consumi, investimenti e crescita. Anziché discutere di flat tax, che riduce in modo significativo il peso fiscale sui redditi più alti, ma non tocca, se non in modo marginale o nullo, le retribuzioni più basse, bisognerebbe prevedere un intervento di riduzione fiscale significativa sui salari, a partire da quelli più bassi, cosi come prevedere la fiscalizzazione degli aumenti derivanti dai rinnovi dei ccnl. Dunque, non solo intervenire sul cuneo fiscale, ma anche sui salari da contratto nazionale, a vantaggio dell’intera platea di lavoratori dipendenti. Peraltro, un intervento fiscale sui redditi più bassi, e più inclini ai consumi, sarebbe anche un importante fattore di stimolo alla crescita, secondo la Cgil regionale.