Nel 2012 le organizzazioni sindacali e la Regione Liguria hanno firmato un accordo sulla riforma del sistema sanitario. Al centro di quel progetto, il rafforzamento del ruolo dei distretti territoriali, la presa in carico dei malati cronici, l’attivazione dello strumento della “dote di cura” per un'assistenza socio-sanitaria ai non autosufficienti e l’attivazione di incentivi per i lavoratori coinvolti nella riorganizzazione.
 
"La necessità di cambiare il nostro sistema sanitario – secondo la Cgil Liguria – deriva da una situazione non più sostenibile: l’invecchiamento della popolazione e la denatalità portano a una costante e inesorabile riduzione della quota di finanziamento nazionale. La popolazione ligure diminuisce e invecchia, e contemporaneamente aumenta la percentuale di malati cronici e l’attività di assistenza dovuta all’età media elevata. In altre parole, aumentano i costi della sanità e diminuiscono le risorse a disposizione (è di 48 anni l’età media ligure – siamo gli italiani più vecchi, la popolazione è scesa a 1.591.939 abitanti). A causa di questa situazione, mentre le altre regioni negli anni scorsi hanno avuto un incremento delle risorse, la Liguria ha continuato inesorabilmente a perdere quote".
 
"Con i dati presentati nel convegno di oggi, 16 aprile, 'Facciamo il pieno di salute', dimostriamo come nel nostro sistema sanitario, che ad oggi non ha davanti a sé un futuro roseo, vi siano ampi margini di intervento, in particolare su: spesa sanitaria, appropriatezza ricoveri, attività di prevenzione e presa in carico", continua il sindacato.
 
Sulla spesa

La Liguria contribuisce al Fondo sanitario nazionale per il 35,89% con una integrazione dal Governo del 64,11%. "Dalla graduatoria tra regioni emerge che peggio della Liguria ci sono solo Campania, Calabria e Puglia. Da notare anche la voce 'entrate proprie', che è quella finanziata in gran parte con i ticket. Benché la voce pesi poco sul montante complessivo del riparto, la Liguria si colloca al secondo posto dietro il Veneto, in sostanza i liguri pagano e parecchio", osserva la Cgil.
 
Sulla cura

"In Liguria, i cittadini entrano in ospedale per ricoveri spesso inappropriati. Tra i casi maggiormente diffusi, i cosiddetti lungodegenti, che per una serie di ragioni non possono essere dimessi e che solitamente vengono ricoverati nei reparti di chirurgia, senza bisogno di essere operati (31.4% Liguria, contro 29.97% Italia). Oppure la diagnostica, che nella nostra regione è all’81.84%, contro il 55.66 della Toscana (ciò significa che vengono prescritti molti esami inappropriati, tipo raggi, ecc.). Sono tutti elementi in cui, se la territorialità fosse una prassi consolidata, queste situazioni sarebbero ridotte", aggiunge il sindacato.
 
"Da qui, l’importanza di quell’accordo, ad oggi in parte disatteso, seppur oggetto di tante delibere della Regione: pochissimi fatti concreti verso una reale integrazione socio-sanitaria, accordi con i medici di base, ai quali non corrisponde l’attivazione di servizi integrati, non è mai stato adottato il Chronic care model, ossia quel sistema che permette a un malato cronico (ad esempio, di diabete) di recarsi in una sola struttura per tutta l’assistenza necessaria alla sua patologia", rileva ancora la Cgil.
 
"La prossima Giunta regionale dovrà proseguire l’impegno di attuare l’accordo firmato nel 2012, unico strumento in grado di riformare anche culturalmente il modo comune di vivere il  sistema socio sanitario; è necessario attivare dei tavoli di confronto con tutti i soggetti coinvolti nel processo di riforma per cui non solo organizzazioni sindacali e amministrazione regionale ma anche i medici di base, le associazioni, i direttori generali ecc. Infine riteniamo imprescindibile un ruolo attivo dei sindaci che in virtù della loro prossimità al territorio possono essere i protagonisti delle nuove case della salute", conclude il sindacato.