Ieri presso Regione si è svolta l’audizione di Cgil, Cisl e Uil Liguria presso la commissione Ambiente regionale sulla centrale Tirreno Power, posta sotto sequestro dall’11 marzo 2014. A subirne le conseguenze, i lavoratori: il sequestro delle unità a carbone ha già comportato la fuoriuscita dal lavoro di 70 addetti diretti, con un organico passato da 240 a poco più di 160 unità, e ha coinvolto in modo drammatico i lavoratori dell'indotto, per i quali si parla di circa 850 famiglie coinvolte.
"In autunno scadono i contratti di solidarietà per oltre 160 dipendenti di Vado Ligure – affermano i confederali –, e se la proprietà non presenta un piano industriale, non si possono prorogare gli ammortizzatori sociali, e non resta altra strada che quella dei licenziamenti. La situazione del debito societario di Tirreno Power è ormai critica, in quanto è esposta moltissimo con le banche, e il rischio è che l'azienda preferisca percorrere solo la strada ritenuta più semplice, quella di una drastica riduzione del personale".
"Bene l’impegno del presidente e della giunta regionale a costituire un tavolo di lavoro – rilevano i tre segretari generali Federico Vesigna, Antonio Graniero e Pierangelo Massa –, alla presenza di governo, enti locali, azienda e parti sociali, per affrontare e risolvere la vertenza. Noi pensiamo che occorra ragionare in termini di riconversione dell’area, che deve restare industriale, e riteniamo che si possa uscire dal carbone continuando a produrre energia. A tale proposito, bisogna sfidare la proprietà a mettere in campo un progetto industriale ambientalmente e socialmente sostenibile, per riassorbire il personale che diversamente sarebbe in esubero".
"La presenza del polo universitario savonese – continuano i tre dirigenti sindacali – e il fatto che il territorio di Vado e Quiliano è ricompreso nell’area interessata dalla revisione dell’accordo di programma sono due aspetti da valorizzare, insieme alla necessità di un intervento di programmazione da parte della giunta, che al nuovo piano energetico regionale può far corrispondere le risorse disponibili nel Fesr (fondi europei). Qualunque progetto di riconversione ha bisogno di idee, risorse e tempo. Purtroppo, quel che manca è proprio il tempo, perché stanno per finire gli ammortizzatori sociali. Pertanto, è giusto pretendere l’intervento del governo, ma non può in alcun caso diventare un alibi affinchè la Regione non faccia la propria parte".
"Ripartiamo dal piano energetico regionale – concludono i sindacati –, e senza sconfessare la logica della produzione diffusa, proviamo a immaginare come le aree oggi occupate dagli impianti di produzione fossile possano continuare a contribuire al fabbisogno energetico del territorio e del Paese. Spiace che alla riunione di ieri non fossero presenti né l’assessore né i consiglieri di centrodestra - tranne il presidente Costa -. Non vorremmo che, dietro a questa assenza, si nascondesse un disimpegno e, per fugare ogni dubbio, chiediamo che il tavolo di cui sopra venga convocato al più presto per affrontare l’emergenza e dare vita al piano energetico, impiegando le risorse europee".