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“La Commissione europea, in virtù dei rigidi meccanismi del fiscal compact, continua a mandare segnali negativi all’Italia, in particolare sull’ultima manovra di bilancio del governo, da rivedere secondo Bruxelles. Vincoli che noi giudichiamo inaccettabili, dal punto di vista delle condizioni sociali e del lavoro di un Paese”. Così Fausto Durante, coordinatore politiche europee e internazionali Cgil, oggi ai microfoni di RadioArticolo1.
“L’Ue deve abbandonare l’austerity e passare a una politica d’investimenti, in grado d’innescare la ripresa produttiva e quindi lo sviluppo industriale e manifatturiero, puntando sui servizi e le infrastrutture, per combattere le diseguaglianze esistenti oggi nel continente. Il problema è che Jean Claude Juncker continua a bacchettare tutti, ma il suo piano da 300 milioni, peraltro assolutamente insufficiente sotto il profilo della disponibilità economica, non si sa che fine abbia fatto. Siamo lontanissimi da quell’idea di un’Unione che investa il 2% del Pil europeo per un decennio, come propone la Confederazione europea dei sindacati, ovvero un piano da 250 miliardi annui, secondo noi, l’unica leva per cominciare a ricostruire una prospettiva di durata della ripresa, capace soprattutto di aggredire il grande nocciolo duro del problema numero uno dei ‘27’, la disoccupazione, specialmente quella giovanile, non a caso ai massimi storici, dopo anni di politica del rigore”, ha spiegato il dirigente sindacale.
“L’altra grande emergenza si chiama immigrazione. Ciò che è assolutamente anomalo, è l’assoluta mancanza di decisione e determinazione dell’Unione ad affrontare in termini solidali ed efficaci un’emergenza che non è solo un fatto umanitario o una questione di ordine pubblico, ma eminentemente un problema politico, dove milioni di persone scappano da guerre, persecuzioni, carestie, per approdare in una realtà che comunque rappresenta ancora oggi un’idea di libertà e progresso. I migranti potrebbero essere un valore per garantire in Europa un lavoro di qualità e favorire il turn over verso la pensione, per mantenere la manifattura industriale, per alimentare i sistemi pensionistici vigenti, per rispondere al tema dell’invecchiamento e dei trend demografici negativi dell’Ue. Invece, tutto questo si trasforma in un’occasione sprecata, anzi in un appuntamento negativo, perché sui temi del rifiuto degli immigrati ci sono forze politiche che stanno costruendo le proprie fortune elettorali, mettendo seriamente a rischio il futuro e la tenuta dell’Unione. Basti guardare a ciò che è avvenuto con la Brexit in Gran Bretagna, ai governi al potere in Polonia e in Ungheria, per non parlare del Front National di Marine Le Pen, che fa della battaglia anti-immigrati lo scopo principale della propria identità politica, e di tanti altri Paesi dove movimenti razzisti e xenofobi, con il pretesto della crisi economica e di una globalizzazione senza regole, intimoriscono l’opinione pubblica paventando una presunta invasione di rifugiati e profughi”, ha continuato il sindacalista.
“Quelli provenienti da Francia, Olanda, Germania - per citare solo i Paesi più importanti -, sono tutti segnali da prendere con grande attenzione. La destra razzista si può battere, però occorre che la sinistra faccia il suo mestiere, ricominci ad avere l’ambizione di rappresentare il lavoro, al fianco delle categorie e delle fasce più deboli della società, dove il rischio della povertà e dei working poor è in costante aumento. Se il mondo del lavoro non si sente rappresentato da nessuno, è evidente che in una crisi di fiducia e credibilità il voto tenderà a premiare le forze irrazionali e anti-sistema, della demagogia e del populismo, che vediamo soffiare con grande forza in tutta Europa. Di fronte a questo rischio, che può segnare l’inizio di un vero e proprio percorso di disgregazione dell’Ue, occorre mobilitarsi per tornare allo spirito di Ventotene, all’Europa di Altiero Spinelli, a un’idea di progresso permanente, di miglioramento verso il raggiungimento di uno scopo di civilizzazione dell’intero continente. Ecco, questo è il banco di prova della sinistra per le prossime elezioni: per farlo, deve avere il coraggio di rivedere la propria impostazione politica e culturale, deve mettere in discussione le politiche economiche di stampo liberista che dominano pressochè incontrastate da vent’anni, riportando il turbocapitalismo del terzo millennio sotto il dominio degli Stati e delle democrazie rappresentative”, ha concluso l’esponente Cgil.